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LA CASA ALVEARE

Abitiamo in un grande edificio grigio alla periferia della città. Ce ne sono tanti uguali, lì intorno, monotoni, identici.

I palazzi sono come dei grandi cubi grigi; ce ne sono una trentina. Li distingui solo per il numero. Un po’ di colore è dato dalle tende delle terrazze, azzurre, color cielo. Peccato però che anche loro sono tutte uguali; lo stesso azzurro al primo, secondo, terzo e quarto piano.

Dentro abitano sedici famiglie, quattro per ogni piano. Gli appartamenti (la cucina, due stanze, il bagno) sono piccoli. Tutti si lamentano. Mia madre e le vicine passano tutto il tempo, quando si incontrano, a dir male della casa. Ma c’è poco da fare. Non hanno soldi per pagare appartamenti più belli.

I muri sono molto sottili. Sentiamo tutto quello che dicono nell’appartamento accanto.

I bambini non hanno un cortile dove giocare. In strada non possono andare perchè è pericoloso. Così passano il tempo per le scale. Il loro gioco preferito è “Chi fa prima”.

In pratica è una corsa per le scale. Partono in cinque o sei dalla porta d’ingresso. Si sente una voce che grida “Via!”, poi corrono tutti. La casa trema.

Quando arrivano in cima alla scala, litigano ancora.

“Io sono il primo!”. “No, non vale. Mi hai dato uno spintone”. “Sei un imbroglione!”

“Cosa hai detto?” “Che sei un imbroglione. Te lo ripeto. Non ho mica paura, sai”.

“Adesso ti faccio vedere io...”. Questo capita quasi ogni pomeriggio.

Preparativi

Io vivo a Mosca. Domani devo partire. Vado in Italia.

Dunque, che cosa prendo? Siamo in primavera: prendo un giubbotto o un impermeabile? No, a Roma fa già caldo. Allora una giacca? Sì, una giacca basta. Mia madre dice di prendere anche un maglione. Va bene, prendo anche un maglione.

Sono davvero uno sbadato. Dov’è il libro che devo portare a Teresa, un’amica italiana di mio fratello? Strano, la lettera c’è e il libro no. Ah, ecco il libro. E le cartoline? E le cassette per l’amica di Sandro? La valigia è già piena.

Ora la cosa più importante: il passaporto. È qui. E il biglietto? Anche. E i soldi? Non devo dimenticare i soldi.

Stasera resto a casa, vado a letto presto.

 

Arrivo a Roma

- La temperatura a Roma è di 20 gradi - dice la hostess.

C’è molta gente a Fiumicino. La folla si divide subito. I “comunitari” vanno a destra, tutti gli altri a sinistra. Gli italiani arrivati da Mosca sono allegri. Hanno fretta di andare a bere un vero caffè. I tedeschi tirano fuori la guida. Gli americani cercano un bar. I giapponesi fanno le prime fotografie. Una simpatica signorina controlla i passaporti. C’è anche un poliziotto con il mitra, ma a una certa distanza.

 

Con gli amici

Non vedo il mio amico Franco. Questo Franco è sempre in ritardo! Ecco che arriva...

- Ciao, Franco! Come stai?

- Bene, grazie? Ben arrivato. Hai fatto un buon viaggio?



- Ottimo. E Daniela dov’è?

- È in macchina con Elisabetta.

- Elisabetta? Chi è?

- È la sorella di Daniela, una simpaticissima ragazza. Siamo in quattro: c’èe con noi anche un ragazzo di Firenze che tu non conosci.

- Come si chiama?

- Si chiama Sandro. Sandro, cioè Alessandro, come Sascia e Alexandr. Tu sei Sascia e lui Sandro.

 

Verso casa

Andiamo in macchina verso il centro della città.

- Come trovi Roma?

- Bella, bellissima!

- Firenze è ancora più bella - dice Sandro, il fiorentino.

- Che chiesa grande! Non è San Pietro? Quanta gente!

- Cosa vuoi, Roma ha circa tre milioni di abitanti e poi ci sono tanti turisti e pellegrini.

- Quanto pensi di restare a Roma? - domanda Franco.

- Quando pensi di venire a Firenze? - chiede Sancro.

Non so cosa rispondere.

- Fra una settimana devo essere a Venezia, - dico.

La macchina si ferma. Scendiamo, entriamo in un grande portone, poi nell’ascensore. Tutto per me è nuovo, diverso.

Uscendo dall’ascensore devi chiudere bene la porta interna, altrimenti non funziona - dice Franco.

Ora siamo a casa di Franco.

 

Prima colazione

La mia stanza è piccola ma comoda. Franco mi lascia solo. Devo disfare i bagagli, fare la doccia. Ecco fatto.

- Sei stanco? - domanda Franco.

- No, - rispondo io - non sono affatto stanco.

- Bene, allora usciamo, facciamo un giro per il centro... Ma prima facciamo colazione.

- Sandro e Daniela dove sono?

- Lui è in cucina a preparare il caffè, lei è in salotto a leggere il giornale.

- Tu sei pronto?

- Ci metto dieci minuti.

..................................................................

- Prego. Caffè, latte, burro, brioches calde, biscotti...

- E la colazione vera non la fate?

- Cosa vuol dire “colazione vera”? Questa è la tipica colazione italiana. Se vuoi, posso offrirti uno yogurt. Oppure vuoi una colazione all’inglese? Quella russa poi com’è?

- Ognuno la fa come gli pare. La mia è molto semplice: tè, pane, formaggio...

- Formaggio?

- Sì. Che c’è di strano? In Russia è perfettamente normale.

- In Italia nessuno mangia formaggio a colazione. Comunque, paese che vai, usanze che trovi...

- Vuoi un altro caffè?

- No, grazie. Posso fare una telefonata prima di uscire?

- Certo. Il telefono è di là.

- Devo telefonare a un collega che è sposato con una russa. Stanno a Milano, però. Le interurbane è meglio farle dopo le otto di sera, vero?

- Sì, ma se è urgente puoi telefonare anche subito.

- No, posso benissimo farlo stasera.

- Stasera ceniamo fuori, quindi torniamo tardi.

- Non importa, posso farlo anche domani.

- A pranzo ci sono i miei. Da molto tempo sentono parlare di te e ti vogliono proprio conoscere.

 

Un giro in città

- Oggi pomeriggio devo andare in ufficio: ho un lavoro urgente da fare...

- Posso fare quattro passi per la città da solo. Voglio cominciare a fare conoscenza con la vita quotidiana, con il traffico, con i negozi...

- Sei sicuro di non perderti?

- Per prima cosa voglio comprare una cartina di Roma. E poi io ho un buon senso dell’orientamento.

Esco in strada: il caldo sole della primavera romana invita a passeggiare. Il traffico è veramente caotico: macchine parcheggiate in doppia e terza fila rendono le vie ancora più strette. Cammino senza una meta precisa, ammirando le facciate dei palazzi barocchi, curioso nei negozi, guardo le vetrine, vagabondo per i vicoli dove le case hanno quel colore giallo-arancio tipico di Roma. Sbuco in una grandissima e splendida piazza. È piazza Navona, dalla forma ovale: nel centro una fantastica fontana con rocce, grotte, zampilli d’acqua e quattro enormi figure umane: la fontana dei Fiumi dello scultore e architetto Bernini. Di fronte c’è la facciata della chiesa di Santa Agnese, opera di Borromini, un altro grande architetto del Seicento italiano. Così leggo nella piccola guida di Roma che ho con me. La piazza è chiusa al traffico: è un luogo tranquillo di passeggio e di riposo. Prendo posto al tavolino di uno dei tanti bar e caffè. Arriva il cameriere:

- Desidera?

- Un gelato: panna, cioccolato e nocciola.

Le finestre dei piani più alti riflettono gli ultimi raggi del sole: è la magica ora del tramonto. È ora di tornare.

- Scusi, per andare in Via della Panetteria?

- Deve andare fino in fondo alla piazza, poi girare a destra: a 30 metri c’è la fermata dell’autobus. Deve prendere il 45 e scendere alla quinta fermata.

 


Date: 2014-12-29; view: 1025


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