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Il mito del terrorismo

1. La mondializzazione

Due mesi dopo l'11 settembre Jean Baudrillard scriveva un saggio, poi pubblicato in libro, sull'attentato alle Torri gemelle, che ha come sua chiave di lettura: "Sono loro che l'hanno fatto, ma siamo noi che l'abbiamo voluto, perché tutti quell'evento l'abbiamo sognato, perché nessuno può non sognare la distruzione di una potenza, qualunque essa sia, quando questa diventa troppo egemonica". L'abbiamo sognato, l'abbiamo anche immaginato e ci abbiamo fatto film. Oggi questo giudizio può essere rivisto alla luce di 2 concetti: la mondializzazione trionfante ormai alle prese con se stessa e la potenza della violenza simbolica che da sempre è superiore alla potenza della violenza reale. Secondo Baudrillard, dopo l'11 settembre ha preso avvio la 4° guerra mondiale: L'unica veramente mondiale, poiché a essere in gioco è la mondializzazione stessa. Baudrillard ritiene che, se il terrorismo è immorale, l'evento del World Trade Center, questa sfida simbolica, è immorale come risposta a una mondializzazione anch'essa immorale.

2. La sfida simbolica

Non si tratta di distinguere il bene/male, ma di rendersi conto che, quando un potere diventa asimmetrico, la sua stessa onnipotenza si trova disarmata di fronte alla sfida che i terroristi portano non sul piano della realtà, dove in gioco sono i rapporti di forza, ma sul piano simbolico dove la posta in gioco è la loro morte, un'arma assoluta contro "un sistema che vive dell'esclusione della morte". Baudrillard: "La potenza visibile non può nulla contro la morte infima ma simbolica di pochi individui", perché questi mettono in scena l'unica violenza che l'Occidente non può esercitare, "quella della propria morte". Insiste Baudrillard, perché il vecchio terrorismo suicida era un terrorismo di poveri, mentre il nuovo è un terrorismo di ricchi. Ed è questo che fa paura. Loro sono diventati ricchi senza cessare di volerci distruggere. Hanno messo in gioco la propria morte, impiegando così un'arma che noi non possiamo o non siamo capaci di impiegare. Questa è la sfida simbolica, a cui non si può rispondere se non con la propria morte. Illustrazione perfetta della teoria del caos, dove uno shock iniziale provoca conseguenze incalcolabili, mentre il gigantesco dispiegamento di forze degli americani ottiene solo effetti prevedibili, o già visti.

3. L'angoscia dell'imprevedibile

L'azione terroristica ha distrutto qualcosa di più delle 2 Torri e della base del Pentagono, ha determinato qualcosa di più dei morti. L'azione terroristica ha incrinato in noi quella condizione base della vita quotidiana che è la prevedibilità del domani lasciando posto all'angoscia dell'imprevedibile. La chiamiamo "angoscia" e non "paura", perché la paura è un ottimo meccanismo di difesa di fronte a un pericolo visibile e determinato. Le sue strategie sono l'attacco o la fuga. L'angoscia è invece un sentimento paralizzante di fronte a un pericolo invisibile e indeterminato, da cui l'attacco o la fuga non ci difendono, perché il pericolo è ovunque e in nessun luogo, può essere in questo momento o in qualsiasi momento, per cui il meccanismo che si attiva non è quello difensivo della paura, ma quello paralizzante dell'angoscia. Il "principio di causalità", che tutti noi conosciamo come un principio logico, è in realtà una difesa dall'angoscia dell'imprevedibile, perché quando posso leggere un evento come l'effetto di una causa, conoscendo la causa non mi inquieto di fronte all'evento. La scienza moderna ha perfezionato questo principio, l'ha diffuso, l'ha reso mentalità comune, l'ha trasformato nel fondamento della nostra sicurezza. Creando uno scenario imprevedibile, il terrorismo ha fatto crollare la nostra sicurezza.




Date: 2015-12-24; view: 678


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