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Il mito della globalizzazione

1. Ricchezza economica e potenza tecnica a fondamento dei valori dell'Occidente

Dopo il crollo delle 2 Torri di Manhattan l'Occidente ha improvvisamente riscoperto i suoi valori. Li ha riconosciuti nella libertà e nella democrazia, che ha guadagnato nel corso della sua storia e si sta disponendo a combattere il terrorismo islamico, il fondamentalismo e il fanatismo, minaccia per il futuro della propria civiltà. Forse il "nemico" non è l'espressione di una cultura altra che si contrappone all'Occidente, ma può essere generato dalla cultura e dalla pratica stessa dell'Occidente, i cui valori sono sì libertà e democrazia, ma solo come "derivati" di altri valori ben più fondanti che sono ricchezza economica e potenza tecnica. Se questi crollano anche libertà e democrazia vanno alla deriva. I terroristi hanno messo in evidenza quali sono i veri fondamenti dei nostri valori, incrinati i quali, si ridurranno anche per noi gli spazi di libertà, i margini di sicurezza. La crescita del nostro benessere economico, che sembra debba essere senza limiti, non importa a spese di chi, genera inevitabilmente il nemico. Là dove il nemico è generato da noi la contrapposizione amico/nemico, su cui finora ha marciato la storia, è azzerata. Non c'è relazione causale tra povertà nel mondo e gesto terroristico, perché chi non ha neppure i soldi per mangiare non ha la possibilità di compiere atti che richiedano molto denaro, addestramento e competenza tecnicaànon c'è nessun rapporto causale. I popoli senza futuro, non hanno la possibilità di scatenare una guerra al 1° mondo. E allora, se non scelgono la via della rassegnazione, frange e movimenti possono pensare all'arma esecrabile del terrorismo, che non è "nobile" come una guerra dove 2 eserciti si fronteggiano, ma è l'unica praticabile per chi non può mettere in campo una forza militare e al tempo stesso non vuole la vita che altri decidono per lui, in condizioni di povertà, malattia e morte. Il progetto omicida dei kamikazeàsanno che devono morire, sanno che non vedranno il futuro che con il loro gesto sperano di inaugurare, e allora se vanno volontariamente contro la morte, perché considerano che la loro vita è una nonvita, è già una morte. Non è fanatismo ma disperazione. È la logica violenta dell'impotenza che risponde alla logica violenta della potenza. La globalizzazione attuata solo a partire dagli interessi economici dell'Occidente rischia di generare il terrorismo. E il nostro secolo sarà il secolo del terrorismo se non introdurremo nel processo di globalizzazione, oltre a quello economico, altri criteri quali l'emancipazione dei popoli, il loro acculturamento, l'acqua, il cibo e le medicine per la loro sete, la loro fame, le loro malattie e quindi futuro per chi non ne vede alle condizioni poste da noi occidentali. Perché chi è senza futuro è capace di suicidarsi non per depressione come noi, ma per un progetto che neppure vedrà realizzato.



2. L'esportazione dei valori occidentali e il mercato dell'odio

La tesi di Mubarak, secondo cui esportare democrazia, magari in compagnia del libero mercato, non può che generare spaventosi disordini e conflitti, è condivisaàesportare democrazia e libero mercato genera conflitti etnici perché: Il mercato concentra la ricchezza nelle mani di una minoranza economicamente dominante, mentre la democrazia accresce il potere politico della maggioranza impoverita. Tra una maggioranza democratica povera e una minoranza economicamente dominante, non sempre la prima ha la meglio. Al contrario, in alcune circostanze, anziché una reazione contro il mercato si verifica una reazione contro la democrazia. Di frequente, infatti, le ripercussioni antidemocratiche si manifestano nella forma di un "capitalismo clientelare", che è poi un'alleanza corrotta e simbiotica fra i leader locali e la minoranza economicamente dominante. Nel breve periodo il risultato di tale fenomeno consiste in un aumento degli investimenti esterni, nello sviluppo economico e nell'arricchimento dei governanti e dei loro accoliti. Al contempo, tuttavia, la collera del paese comincia a ribollire e prima o poi la situazione si fa esplosiva. Già Adam Smith teorizzava che il mercato avrebbe determinato una concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, mentre la democrazia, conferendo potere anche alla maggioranza povera, avrebbe generato sollevazioni, ribellioni, espropriazioni e confische. Se libero mercato e democrazia, senza redistribuzione della ricchezza o senza "stato sociale", sono incompatibili perché, come diceva Adam Smith, il potere dei numeri (la democrazia) mal si concilia con il potere della proprietà (il capitalismo), sarà necessario esportare, insieme alla democrazia e al capitalismo, anche la redistribuzione della ricchezza e lo stato sociale.

3. La globalizzazione dei valori occidentali e la risposta terroristica

Che rapporto c'è tra globalizzazione e terrorismo? La risposta più facile è quella che vede nel terrorismo una forma di contestazione politica dell'ordine mondiale promossa dall'unica superpotenza rimasta sul pianeta. Ancora più facile è la risposta che vede nei terroristi dei folli suicidi. Ma che cos'è veramente la globalizzazione? La globalizzazione è il degrado, o l'estinzione, di quello che gli illuministi chiamavano universalizzazione dei diritti umani, della libertà, della cultura, della democrazia. La globalizzazione, infatti, riguarda solo l'economia, la tecnica, il mercato, il turismo, l'informazione. La sua espansione sembra irreversibile, mentre i valori universali sembrano in via di estinzione. Non si riescono più a integrare le singolarità e le particolarità in una cultura universale della differenza, perché, Baudrillard: La globalizzazione trionfante fa tabula rasa di tutte le differenze e di tutti i valori, inaugurando una cultura (o un'incultura) perfettamente indifferente. A dare scacco a un pensiero unico possono essere solo le singole particolarità, di cui il terrorismo è una forma, la più violenta, che vendica tutte le culture particolari che hanno pagato, con la loro scomparsa, l'instaurazione di una potenza mondiale unica. Non si tratta quindi di un conflitto di civiltà, ma di uno scontro tra una cultura universale indifferenziata e tutto ciò che, in qualsiasi campo, conserva qualche tratto di alterità irriducibile. Anche le guerre, quella del Kosovo, quella dell'Afghanistan, quella dell'Iraq, hanno come obiettivo primario quello di ridurre ogni zona refrattaria, di colonizzare e addomesticare tutti quelli che per la globalizzazione sono territori selvaggi, in quello spazio che, più che geografico, è spazio mentale. Se il progetto terroristico "è quello di destabilizzare l'ordine mondiale con le sue sole forze, in uno scontro frontale, l'obiettivo del terrorismo è assurdo", perché il rapporto di forze è troppo diseguale. Ma proprio questo "assurdo" fa da specchio al non-senso che si annida all'interno del sistema, e che più o meno inconsciamente tutti noi avvertiamo quando ci percepiamo sempre meno come persone e sempre più come funzionari di un apparato tecnico-economico che nulla ha in vista se non il proprio autopotenziamento.

4. L'implosione dei valori occidentali nella passività e nell'inerzia di massa

La passività e l'inerzia sembrano caratterizzare l'atmosfera del nostro tempo. Bombardati come siamo da stimoli, messaggi, test e sondaggi, le nostre teste sono diventate il luogo dove circolano idee e valori che noi non abbiamo prodotto, ma solo assorbito. Così le nostre teste non sono più un luogo di ideazione e invenzione, ma luogo di assorbimento e implosione, dove ogni senso propulsivo si inabissa e ogni significato acquisito si allinea a quell'ideale di uniformità che è l'inerzia del conformismo. Per molto tempo bastava produrre le merci e il consumo andava da sé. Oggi bisogna produrre i consumatori, bisogna produrre la stessa domanda, e questa produzione è più complicata. Oggi è la domanda di idee e di valori a essere venuta meno, e la produzione di questa domanda è problema cruciale che la civiltà occidentale deve saper affrontare. Il terrorismo "non mira a far parlare, a suscitare o a mobilitare idee o valori; non ha continuità rivoluzionaria”, dice di mirare al capitalismo e all'imperialismo, mentre il suo vero obiettivo è il silenzio del sociale magnetizzato dall'informazione. Per questo il terrorismo agisce con atti votati immediatamente alle onde concentriche dei media, dove ciò che si produce non è una riflessione, una ricerca logica delle cause e degli effetti, ma solo fascinazione e panico, in una reazione a catena per contagio. Per questo il terrorismo colpisce "chiunque", ossia la condizione a cui ciascuno di noi si riduce quando, rinunciando all'animazione del sociale attraverso la produzione di idee e di valori, diventa inevitabilmente "massa". Per sottrarci a questa condizione dobbiamo tutti ricominciare a pensare e ravvivare idee e valori.


Date: 2015-12-24; view: 768


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