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Mister Kappa e I Promessi Sposi

 

Ore dieci, lezione di lettere. Con il vecchio professor Ferretti le cose stavano in modo e maniera che gli studenti potevano effettivamente usare quei preziosi cinquanta minuti per scambiarsi da un banco all'altro, da una fila all'altra ed anche da un sesso all'altro, lettere di varia lunghezza sui più affascinanti argomenti, quali: il cinema tedesco tra le due guerre, il gioco del calcio, lo sviluppo motoristico delle isole giapponesi, l'amore, il denaro (dare e avere, per pizza o maritozzo), il commercio dei fumetti, la concia dei tabacchi, eccetera. Ma le cose non stanno più in quel modo né in quella maniera da quando sulla cattedra siede il professor Ferrini. Con lui lettere vuol dire letteratura, letteratura vuol dire Promessi Sposi: è l'ora fatidica dei riassunti.

Il professor Ferrini, armato di gatto a nove code, si aggira per l'aula e ispeziona i quaderni, onde accertarsi che contengano tutti il riassunto del capitolo dodicesimo dell'immortale romanzo e che detti riassunti non risultino copiati l'uno dall'altro come le immagini negli specchi.

Trema lo studente De Paolis, che ha riassunto solo il primo periodo e l'ultimo, riempiendo lo spazio intermedio con un brano di prosa giornalistica copiato in fretta dall'articolo di fondo del “Paese Sera”. Sicché il suo testo, a un'attenta lettura, suonerebbe: “In questo capitolo l'Autore ricorda che il raccolto del grano, nel 1628, riuscì ancor più misero che nell'anno precedente. Ma soltanto una battaglia che in qualche modo rimetta in discussione, nel paese prima ancora che a livello politico, gli attuali equilibri sociali può riaprire ai socialisti la strada del governo in condizioni tali, ecc. ecc. “.

Per fortuna il professor Ferrini è rassicurato dalla vista della parola Autore e della sua legittima maiuscola iniziale e passa oltre. Ma eccolo lanciare un urlo: egli ha scoperto che lo studente De Paolis, per risparmiare carta e penna, ha falsificato il titolo del riassunto precedente, correggendo “Capitolo Undicesimo” in “Capitolo Dodicesimo”. Il malcapitato riceve seduta stante sette colpi di frusta sui pantaloni. Senza un lamento, sia detto a suo onore.

Subito dopo il volto severo del professor Ferrini assume l'espressione del più alto compiacimento.

— Ancora una volta, — egli proclama, agitando un quaderno della serie di Diabolik, — il mio più alto elogio vada alla studentessa De Paolottis, per il suo impeccabile riassunto, come sempre completo ed elegante, acuto nell'analisi e sicuro nella sintesi, esemplare quanto alla punteggiatura. E lor signori sanno quanto il Manzoni tenesse alla buona punteggiatura.


 

 

 

 


La studentessa De Paolottis abbassa modestamente gli occhi sotto gli occhiali e si tocca una treccia in segno di graziosa confusione. Ragazzi e ragazze si congratulano con lei, mandandole mazzi di fiori e scatole di cioccolatini con il portachiavi incorporato. Sul portachiavi spicca il segno zodiacale della fanciulla, che per l'appunto è la Vergine. Delicato pensiero.



Quando però il professor Ferrini fa ritorno alla sua cattedra, lo si vede a un tratto sbarrare gli occhi per l'orrore e impallidire per il ribrezzo, come se avesse toccato una scolopendra. Con gesto nervoso egli accartoccia un foglietto e se lo ficca in tasca. Poi, accusando un attacco di polinevrite, abbandona l'aula e l'istituto, corre a prendere un taxi e si fa portare da Mister Kappa, il più celebre e meglio pagato investigatore privato del Lazio.

Mister Kappa non gli da nemmeno il tempo di parlare: — Aspetti, — egli raccomanda perentoriamente. — Si sieda lì. Cappello marrone, cravatta nera... Professore di ginnasio, vero? No, no, non risponda. Gli interrogativi riguardano me solo. Insegnante di lettere, direi, a giudicare dalle sue scarpe a punta rotonda. Qualcosa che riguarda I Promessi Sposi, vero?

— Come l'ha indovinato?

— Non l'ho indovinato. L'ho dedotto dal suo nervosismo. Mi dica tutto.

— Una lettera anonima accusa la studentessa De Paolottis, la migliore della classe, di copiare i riassunti dell'immortale romanzo da un quaderno segreto. Io non ci credo, però...

— Naturalmente. La verità prima di tutto. Si impone un'indagine. Cinquecentomila di anticipo e centomila al giorno per le piccole spese, le vanno bene?

Il professor Ferrini vacilla. Col suo stipendio... con quel che costa il prosciutto... Dovrà vendere anche il cappello per pagare il conto. Ma non importa: la verità prima di tutto, a qualunque costo.

— D'accordo. Aggiunga pure il caffè a mio carico.

— Grazie. Torni tra settantadue ore a quest'ora: mettiamo in pari gli orologi.

Uscito il professor Ferrini, che per l'emozione cade dalle scale e si rompe l'ombrello, Mister Kappa si mette immediatamente al lavoro.

Egli si camuffa da venditore di enciclopedie per ragazzi a rate, si reca in casa della studentessa De Paolottis, che per l'appunto ha un fratello di nove anni e sei mesi, e mentre illustra alla famiglia riunita i pregi della Piccola Biblioteca per le Ricerche in trecentoquattro volumi e novantotto dizionari, piazza, abilmente una telecamera da spionaggio in un vaso di fiori, un registratore sotto il telefono e un cervello elettronico a batteria dietro il ritratto del nonno in divisa da tenente dei bersaglieri. Indi concede alla famiglia otto giorni di tempo per decidere circa l'acquisto dell'enciclopedia e si nasconde in cantina nella caldaia del termosifone (egli è resistentissimo alle alte temperature). Grazie agli strumenti citati e agli accorgimenti descritti, nel giro di poche ore egli apprende:

primo, che in effetti la studentessa De Paolottis copia di volta in volta i riassunti da un quaderno segreto, che custodisce gelosamente nel cassetto dei collants;

secondo, che detto quaderno le è stato regalato per il suo compleanno da una cugina che vive a Bergamo Alta nella stagione bassa e a Bergamo Bassa nella stagione alta;

terzo, che la cugina in questione si chiama Roberta, ha diciannove anni, è bionda, alta centosettanta centimetri e ha gli occhi verdi. Proprio il suo tipo.

Senza por tempo in mezzo, Mister Kappa si precipita a Bergamo col suo aviogetto privato da combattimento, si presenta alla cugina Roberta, la fa innamorare di sé e in cambio dell'anello di fidanzamento ottiene completa confessione: — I riassunti dei Promessi Sposi? Ma sì, caro, figurati: ho comprato quel quadernino anni fa, per una stecca di sigarette americane, da un ragazzo di Cantù che lo aveva avuto in prestito da sua zia e non glielo aveva mai più restituito.

— Il nome!

— E chi se lo ricorda: forse Damiano, forse Teofrasto.

— Ma no, il nome della zia.

— Angelina Pedretti, Busto Arsizio, corso Manzoni numero 3456, interno 789. Dove corri, adesso?

— Ho un piccolo affare da sbrigare. Torno domani a sposarti: mettiamo in pari gli orologi.

Mister Kappa vola a Busto Arsizio, sfidando il nebbione. Scova l'indirizzo di Angelina Pedretti. Interroga astutamente la portiera e apprende che “la signorina Angelina” è morta da pochi mesi per aver mangiato funghi avvelenati.

Che fare? Mister Kappa compra il giornale, sfoglia febbrilmente le pagine degli annunci pubblicitari e trova quel che cerca: “m.m.m. medium di prima classe. Comunicazioni garantite con l'Oltretomba. Non si accettano assegni”.

La medium vive a Brisighella, in Romagna, e ama i dolci. Per cento chili di caramelle all'anice essa organizza prontamente una seduta spiritica nel corso della quale si presentano per primi lo spirito di Vercingetorige e quello di Carlomagno, che non interessano. Al terzo appello si presenta la signorina Angelina. È lei che fa ballare il tavolino. Sembra in vena di confidenze. I “toc toc” del tavolino sparano a mitraglia. Il marito della medium traduce.

— I Promessi Sposi? No, non li ho letti.

— Ma non ve li facevano studiare a scuola?

— Appunto!

— E allora, quel quadernino dei riassunti da lei prestato a suo nipote di nome Damiano o forse Teofrasto?

— No, non proprio Teofrasto: si chiama Gabriello.

— Dunque, li aveva fatti lei i riassunti?

— Per carità! Il quaderno io l'avevo avuto in eredità dalla mia povera nonna.

— Ah, ecco. Dunque, li aveva fatti la nonna.

— Mai più! Anche a lei erano stati regalati.

— E da chi, per l'amore del cielo?

— Da un garibaldino con il quale era stata quasi fidanzata, prima di sposare il nonno. Uno che era stato con Garibaldi a Bezzecca. Un bel ragazzo, diceva la nonna. Però il nonno era più bello e aveva una calzoleria a Vigevano. Così lei sposò lui e non il garibaldino.

Mister Kappa non si aspettava questo patriottico racconto, ma non perde la pazienza. Dice alla medium: — Domandi un po' alla signorina Angelina se può fare una piccola ricerca, trovare questo garibaldino e farlo venire qui a testimoniare.

— Proverò, — risponde la signorina Angelina, — ma ci vorrà del tempo. Siamo in tanti da questa parte e c'è una tal quale confusione... Datemi almeno cinque minuti.

Mister Kappa e la medium si accendono una sigaretta, ma non fanno nemmeno in tempo a finirla che la medium cade di nuovo in trance, mormorando: — C'è qualcuno, c'è qualcuno...

— Signorina Angelina, è lei? — domanda Mister Kappa.

— No, — risponde chiaramente una voce baritonale.

— Che meraviglia, — commenta il marito della medium. — Non serve più nemmeno il tavolino, adesso arrivano direttamente le voci.

— Sei il garibaldino? — domanda la medium.

— Sono, — risponde la voce, — il segretario personale del senatore Alessandro Manzoni.

— L'immortale autore dei Promessi Sposi!” — esclama Mister Kappa, lasciandosi cadere la cenere sul gilè per l'emozione.

— Che meraviglia, — dice il marito della medium, — un senatore!

— Sua Eccellenza, — prosegue la voce, — m'incarica di avvertirvi che quei riassunti li ha scritti lui, di suo pugno, per aiutare un nipote di sua moglie in difficoltà con il professore di lettere.

— Dunque, — si affretta a dedurre Mister Kappa, con la sua solita acutezza, — il quaderno segreto che il garibaldino regalò alla nonna e attualmente è in possesso della studentessa De Paolottis è, nientemeno, un autografo manzoniano d'inestimabile valore?

— Nemmeno per idea, — risponde il segretario personale. — Si tratta di una semplice copia. Sua Eccellenza ordinò al nipote di fare dodici copie dei riassunti e di bruciare l'originale. Il nipote regalò le dodici copie ai suoi migliori amici, ciascuno dei quali, in obbedienza alle disposizioni di don Alessandro, fece altre dodici copie. E così via.

— Che meraviglia! — esclama il marito della medium. — Allora è stato questo signor Manzoni a inventare la catena di Sant'Antonio!

Mister Kappa sprofonda in una lunga meditazione, al termine della quale domanda allo spirito: — Sbaglio, o al momento attuale dovrebbero essere in circolazione in Italia almeno sessantaduemilaottocentoventinove copie del famoso quaderno?

— Esatto, — conferma lo spirito. — Ma tutto ciò deve restare un segreto. Non una parola con le autorità scolastiche e i giornalisti. Ordine di Alessandro Manzoni. Intesi? Passo e chiudo.

Mister Kappa si accascia al suolo. Il caso è tecnicamente risolto. Ma i fatti vanno molto al di là della lettera anonima ricevuta dal professor Ferrini e oltrepassano, per così dire, la gentile personcina della studentessa De Paolottis. Nella mente di Mister Kappa si svolge un mortale duello tra due contrastanti doveri: quello di dire la verità al cliente che paga e quello, altrettanto terribile, di rispettare la volontà del Poeta che esige un silenzio di tomba sull'accaduto. In seguito a tale duello la testa di Mister Kappa s'infiamma. Gli viene un'emicrania che basterebbe mezza a far impazzire un bufalo. Allora prende due aspirine e gli passa.

Paga la medium, corre a Bergamo a sposare Roberta, la porta a Roma col suo aviogetto matrimoniale e arriva in ufficio che mancano appena tre minuti all'appuntamento col professor Ferrini. Per centottanta secondi Mister Kappa continua a domandarsi: — E ora, cosa gli dico a quello?

Quando scocca l'ora giusta bussano alla porta... ma non è il professor Ferrini. È un fattorino che reca una lettera di suo pugno. La lettera dice: “Esimio Mister Kappa, la prego di sospendere ogni indagine. La studentessa De Paolottis, per un moto spontaneo del suo cuore generoso, mi ha confessato l'innocente truffa dei riassunti. Però non ho saputo punirla, avendo la notte precedente sognato Giuseppe Garibaldi che mi fissava con alquanta severità e mi diceva: “Come pretendi tu che un ragazzino qualunque possa dire in poche righe ciò che un grande scrittore ha potuto dire solo in molte pagine? “ Trovo che l'Eroe dei due mondi ha, come sempre, perfettamente ragione. Trattenga pure l'anticipo. Suo obbligatissimo Guidoberto Ferrini”.

 



Date: 2015-12-11; view: 2543


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