Home Random Page


CATEGORIES:

BiologyChemistryConstructionCultureEcologyEconomyElectronicsFinanceGeographyHistoryInformaticsLawMathematicsMechanicsMedicineOtherPedagogyPhilosophyPhysicsPolicyPsychologySociologySportTourism






Il viaggio di ritorno

 

Quando tornò in sé, Bilbo era tutto solo. Giaceva disteso sulle piatte rocce di Collecorvo, e non c'era nessuno vicino a lui. Sopra si apriva il chiarore di un giorno limpido, ma gelido. Egli tremava e si sentiva freddo e rigido come una pietra, anche se la testa gli bruciava come fosse in fiamme.

'Be', e ora che è successo?' disse tra sé e sé. 'A quanto pare non sono ancora uno degli eroi caduti, benché, immagino, ci sia ancora tempo per diventarlo! '

Si rizzò a sedere dolorante. Guardando nella valle non riuscì a scorgere nemmeno un Orco vivo. Dopo un po', schiarita un po' la testa, gli parve di poter vedere alcuni Elfi che si movevano tra le rocce sottostanti. Si stropicciò gli occhi: ecco, c'era ancora un accampamento nella pianura, a una certa distanza; e non c'era forse un grande andirivieni intorno alla Porta? Sembrava che i Nani fossero indaffarati a rimuovere il muro. Ma non s'udivano né grida né risonar di canti: un silenzio di tomba gravava sulla vallata e sembrava che il dolore aleggiasse nell'aria.

«Abbiamo vinto, immagino!» disse, toccandosi la testa che gli faceva male. «Ma tutto è così triste!»

Improvvisamente si accorse di uno che si inerpicava su per il pendio, venendo verso di lui.

«Ehi, laggiù!» gridò Bilbo con voce tremante. «Ehi, laggiù! Che notizie ci sono?»

«Che voce è questa che parla tra le pietre?» disse quello, fermandosi e scrutando intorno a sé non lontano da dove sedeva Bilbo.

Allora Bilbo si ricordò dell'anello. «Che il cielo mi fulmini!» disse. «Quest'invisibilità ha anche i suoi svantaggi. Altrimenti avrei passato la notte caldo e comodo a letto! Sono io, Bilbo Baggins, compagno di Thorin!» gridò, togliendosi l'anello in fretta e furia.

«Meno male che ti ho trovato!» disse quello avanzando a grandi passi. «Si richiede la tua presenza, e ti abbiamo cercato a lungo. Saresti stato annoverato tra i morti, che sono molti, se Gandalf non avesse detto che la tua voce era stata udita per l'ultima volta in questo posto. Io sono stato mandato a cercarti di nuovo. Sei ferito gravemente?»

«Una brutta botta in testa, mi pare» disse Bilbo. «Ma avevo l'elmo e ho il cranio duro. Tutto sommato, però, mi sento abbastanza male e ho le gambe che sembrano due fuscelli di paglia.»

«Ti porterò giù fino all'accampamento nella valle» disse quello, e lo sollevò con facilità.

L'individuo era un camminatore esperto e veloce, e non ci volle molto perché Bilbo fosse deposto davanti a una tenda, a Dale; e lì trovò Gandalf, col braccio appeso al collo. Nemmeno lo stregone se l'era cavata senza ferite: e anche in tutto l'esercito ben pochi erano rimasti illesi.

Quando Gandalf vide Bilbo, ne fu felicissimo. «Baggins!» esclamò. «E io che non ci speravo quasi più! Sei vivo dopo tutto: come sono contento! Cominciavo a domandarmi se perfino la tua fortuna fosse bastata a salvarti! Che cosa terribile: per un pelo non è stato un disastro completo. Ma le altre notizie possono aspettare. Vieni!» disse più gravemente. «Qualcuno vuole vederti», e facendogli strada accompagnò lo Hobbit dentro una tenda.



«Salute, Thorin!» egli disse entrando. «Te l'ho portato.»

A terra giaceva Thorin Scudodiquercia, ferito di molte ferite; l'armatura infranta e l'ascia intaccata posate al suo fianco. Levò gli occhi quando Bilbo gli venne vicino.

«Addio, buon ladro» egli disse. «Io vado ora nelle sale di attesa a sedermi accanto ai miei padri, finché il mondo non sia rinnovato. Poiché ora abbandono l'oro e l'argento, e mi reco là dove essi non hanno valore, desidero separarmi da te in amicizia, e ritrattare quello che ho detto e fatto alla Porta.»

Bilbo piegò un ginocchio a terra, con il cuore in pena. «Addio, Re sotto la Montagna!» disse. «Amara è stata la nostra avventura, se doveva finire così; e nemmeno una montagna d'oro può essere un adeguato compenso. Tuttavia sono felice di avere condiviso i tuoi pericoli: questo è stato più di quanto un Baggins possa meritare.»

«No!» disse Thorin. «In te c'è più di quanto tu non sappia, figlio dell'Occidente cortese. Coraggio e saggezza, in giusta misura mischiati. Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d'oro, questo sarebbe un mondo più lieto. Ma triste o lieto, ora debbo lasciarlo. Addio!»

Allora Bilbo si allontanò, e se ne andò in disparte; tutto solo si sedette avvolto in una coperta e, lo crediate o no, pianse finché i suoi occhi non furono rossi e roca la voce. Aveva un cuore gentile, e dovette passare molto tempo prima che avesse voglia di scherzare di nuovo. 'È stata proprio una grazia' egli disse alla fine tra sé e sé 'che mi sia svegliato al momento giusto. Vorrei che Thorin fosse vivo, ma sono felice che ci siamo separati d'amore e d'accordo. Sei un pazzo, Bilbo Baggins, e hai combinato un bel pasticcio con quella faccenda della pietra; e c'è stata una battaglia, nonostante tutti i tuoi sforzi per ottenere pace e tranquillità, anche se di questo non ti si può certo far colpa.'

 

 

* * *

 

Bilbo apprese più tardi tutto quello che era accaduto mentre era rimasto privo di sensi; ma quello che seppe gli diede più dolore che gioia, ed era ormai stanco della sua avventura. Desiderava ardentemente iniziare il viaggio di ritorno, ma poiché questo fu comunque rimandato per un po', vi dirò quello che era successo. Da molto tempo le aquile avevano notato con sospetto le manovre degli Orchi, i cui movimenti sulle montagne non potevano essere tenuti del tutto nascosti alla loro vigilanza. Perciò anch'esse si erano radunate in gran numero, al comando della Grande Aquila delle Montagne Nebbiose; e alla fine, avendo avuto da lontano sentore di battaglia, erano giunte appena in tempo affrettando il volo sulle ali del vento violento. Furono esse a snidare gli Orchi dai pendii montani, scaraventandoli giù per i precipizi, o sollevandoli con gli artigli, urlanti e sconvolti. Non ci misero molto a liberare la Montagna Solitaria, e gli Elfi e gli Uomini che erano saliti sulle alture poterono così tornare nella valle e portare aiuto ai compagni che ancora vi combattevano.

Ma, nonostante l'intervento delle aquile, essi restavano ancora inferiori di numero. Però all'ultima ora era apparso Beorn in persona - nessuno sapeva come o da dove. Venne da solo, e in forma d'orso; e nella sua furia pareva che fosse diventato grande come un Gigante.

Il rombo della sua voce era pari a quello di armi e tamburi; egli spazzò via dalla sua strada lupi e Orchi come fossero piume e pagliuzze; piombò alle loro spalle, e irruppe come uno scoppio di tuono in mezzo all'accerchiamento. I Nani tenevano ancora la posizione intorno ai loro signori, su una bassa collina accerchiata. Beorn si fermò e sollevò Thorin, che era caduto trafitto dalle lance, e lo trasse fuori dalla mischia.

Subito ritornò, la sua furia raddoppiata, così che nulla gli si poteva frapporre, e sembrava che nessun'arma gli facesse del male. Egli sbaragliò le guardie del corpo, afferrò Bolg e lo fece a pezzi. Allora il terrore piombò nel cuore degli Orchi, ed essi fuggirono in tutte le direzioni. Ma con le nuove speranze la stanchezza lasciò i loro nemici, che li incalzarono da vicino, e impedirono alla maggior parte di essi di scappare. Ne spinsero molti nel Fiume Fluente, e dettero la caccia a quelli che fuggivano a Sud o a Ovest fin nelle paludi intorno al Fiume Selva; lì perì la maggior parte degli ultimi fuggitivi, mentre quelli che cercarono scampo nel reame degli Elfi Silvani furono abbattuti lì, o attirati nelle profondità del buio impenetrabile di Bosco Atro, per morirvi. I canti tramandarono che tre quarti dei guerrieri degli Orchi del Nord morirono in quel giorno, e le Montagne ebbero pace per molti anni.

La vittoria fu assicurata prima del calar della notte, ma l'inseguimento durava ancora quando Bilbo tornò all'accampamento; pochi erano rimasti nella valle, a parte quelli più gravemente feriti.

«Dove sono le aquile?» egli domandò a Gandalf quella sera, mentre giaceva avvolto in molte calde coperte.

«Alcune prendono parte alla caccia,» disse lo stregone «ma la maggior parte è tornata ai propri nidi. Non volevano restare qui, e sono partite con la prima luce del mattino. Dain ha incoronato d'oro il loro re, e giurato con lui eterna amicizia.»

«Mi dispiace. Voglio dire, avrei voluto rivederle,» disse Bilbo insonnolito «forse le vedrò sulla via del ritorno. Immagino che andrò a casa presto, vero?»

«Appena vuoi» disse lo stregone.

In realtà trascorsero alcuni giorni prima che Bilbo si mettesse veramente in cammino. Seppellirono Thorin nel profondo della Montagna, e Bard depose l'Archepietra sul suo petto.

«Rimanga qui finché la Montagna non cada!» egli disse. «Possa portare fortuna a tutto il suo popolo, che qui dimorerà in futuro!»

Sulla sua tomba il re degli Elfi depose poi Orcrist, la spada elfica che era stata tolta a Thorin durante la prigionia. Nelle canzoni si dice che essa brillava sempre nel buio se si avvicinava un nemico, e che la fortezza dei Nani non poté mai essere presa di sorpresa. Dain, figlio di Nain, prese lì dimora, e divenne Re sotto la Montagna e col tempo molti altri Nani si raccolsero intorno al suo trono nelle antiche sale. Dei dodici compagni di Thorin, ne rimanevano dieci. Fili e Kili erano caduti difendendolo con i loro scudi e con i loro corpi, poiché egli era il fratello maggiore della loro madre. Gli altri rimasero con Dain; infatti Dain distribuì con accortezza il tesoro.

Non era più il caso ormai di dividere il mucchio in tante parti uguali, secondo il progetto iniziale, fra Balin e Dwalin, e Dori e Nori e Ori, e Oin e Gloin, e Bifur e Bofur e Bombur - e Bilbo. Ma un quattordicesimo di tutto l'oro e l'argento, lavorato e non lavorato, fu consegnato a Bard; perché Dain disse: «Onoreremo l'accordo preso dal defunto, ed egli ha ora l'Archepietra in sua custodia.»

Un semplice quattordicesimo era già una ricchezza immensa, maggiore di quella di molti re mortali. Di questo tesoro Bard mandò molto oro al Governatore di Pontelagolungo; e ricompensò liberalmente i suoi seguaci e amici. Al re degli Elfi dette gli smeraldi di Girion, essendo questi i gioielli che egli prediligeva e che Dain gli aveva restituito.

A Bilbo egli disse: «Questo tesoro è tuo quanto mio; però gli antichi accordi non possono più sussistere, perché molti hanno acquisito un diritto su di esso, conquistandolo e difendendolo. Tuttavia, nemmeno se tu fossi disposto a rinunciare a tutti i tuoi diritti, vorrei che le parole di Thorin, di cui egli si pentì, non si dimostrassero vere: e cioè che ti dessimo poco. Vorrei ricompensarti più riccamente di tutti.»

«È molto gentile da parte tua» disse Bilbo. «Ma veramente per me è un sollievo. Come sarei riuscito a portarmi a casa tutto quel tesoro senza guerre e assassini lungo tutta la strada, proprio non lo so. E non so cosa me ne sarei fatto una volta tornato a casa. Sono sicuro che sta meglio nelle tue mani.»

Alla fine egli prese solo due cassette, una piena d'argento e l'altra d'oro, quanto ne poteva portare un pony robusto. «Questo è più che abbastanza» disse.

Finalmente venne per lui il momento di salutare gli amici. «Addio, Balin!» egli disse «e addio Dwalin, e addio Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e Bombur! Le vostre barbe siano sempre folte!» E girandosi verso la Montagna: «Addio, Thorin Scudodiquercia! e Fili e Kili! Il vostro ricordo non svanisca mai!»

Allora i Nani si inchinarono profondamente davanti alla loro Porta, ma le parole gli si bloccarono in gola. «Arrivederci, e buona fortuna, dovunque tu vada!» disse Balin alla fine. «Se mai tornerai a visitarci, quando le nostre sale si saranno rifatte belle di nuovo, allora splendidi saranno i festeggiamenti!»

«Se mai passerete dalle mie parti,» disse Bilbo «non esitate a bussare! Il tè è servito alle quattro; ma tutti voi siete benvenuti a qualsiasi ora!»

Poi si girò e partì.

La schiera degli Elfi era in marcia; e se era tristemente rimpicciolita, molti erano tuttavia felici, poiché ora il mondo del Nord sarebbe stato più lieto per molti anni. Il drago era morto, gli Orchi sconfitti, e i loro cuori pregustavano una primavera di gioia dopo l'inverno.

Gandalf e Bilbo cavalcavano dietro il re degli Elfi, e accanto a loro camminava a grandi passi Beorn, di nuovo in forma umana, e rideva e cantava a squarciagola lungo la strada. Così avanzarono finché giunsero al margine di Bosco Atro, a nord del punto dove il Fiume Selva ne usciva. E lì si fermarono, perché lo stregone e Bilbo non vollero entrare nel bosco, anche se il re li pregò di restare un po' nel suo palazzo. Essi avevano l'intenzione di aggirare la foresta lungo il margine settentrionale, nel deserto che si stendeva tra di essa e l'inizio delle Montagne Grigie. Era un cammino lungo e triste, ma ora che gli Orchi erano stati debellati, sembrava loro più sicuro che non il terribile sentiero sotto gli alberi. Inoltre Beorn andava anche lui per quella strada.

«Addio, o re degli Elfi!» disse Gandalf. «Lieto sia il bosco fronzuto finché il mondo è ancora giovane! E lieto sia tutto il tuo popolo!»

«Addio, o Gandalf!» disse il re. «Che tu possa sempre apparire là dove più si ha bisogno di te e meno ci si aspetta di vederti! Più spesso apparirai nel mio palazzo, più sarò contento!»

«Ti prego,» disse Bilbo balbettando e stando ritto su una gamba sola «di accettare questo dono!» e tirò fuori una collana d'argento e perle che Dain gli aveva dato quando si erano salutati.

«Che cos'ho fatto per meritare un tale dono, o Hobbit?» domandò il re.

«Be', ehm, pensavo, come sai,» disse Bilbo piuttosto confuso «ehm, la tua - ehm - ospitalità dovrebbe essere ricambiata con qualcosa. Anche uno scassinatore ha il suo orgoglio, non so se mi spiego. E ho bevuto un bel po' del tuo vino e mangiato molto del tuo pane.»

«Accetterò il tuo dono, o Bilbo il Munifico!» disse il re gravemente. «E ti nomino amico degli Elfi e benedetto. La tua ombra non dimagrisca mai! (o rubare sarebbe troppo facile!). Addio!»

Poi gli Elfi si volsero verso la foresta, e Bilbo iniziò il suo lungo cammino verso casa.

 

* * *

 

Dovette affrontare molte avversità e avventure prima di arrivare a destinazione. Le Terre Selvagge erano ancora le Terre Selvagge, e c'erano molte altre cose in quei giorni oltre gli Orchi; ma egli era ben guidato e ben difeso - lo stregone era con lui, e anche Beorn rimase con loro per un lungo tratto di strada, e così non fu mai più in grave pericolo. Comunque, a metà inverno Gandalf e Bilbo giunsero a casa di Beorn; e lì rimasero entrambi per un po'. Il periodo natalizio fu caldo e allegro lì; e, chiamati da Beorn, vennero Uomini da tutte le parti per prendere parte alle feste. Gli Orchi delle Montagne Nebbiose erano ora pochi e terrorizzati, e si nascondevano nelle caverne più profonde; anche i Mannari erano spariti dai boschi, e gli Uomini potevano quindi uscire senza timore. In realtà, Beorn divenne poi un grande capo in quelle regioni e governò la contrada selvaggia tra le montagne e il bosco; e si dice che per molte generazioni gli Uomini della sua stirpe ebbero il potere di assumere l'aspetto di orsi, e alcuni furono Uomini rudi e cattivi, ma per la maggior parte somigliarono a Beorn nel cuore, se pur furono inferiori a lui per statura e forza. Ai loro tempi gli ultimi Orchi furono cacciati via dalle Montagne Nebbiose, e una nuova pace scese al confine delle Terre Selvagge.

Venne la primavera, una bella primavera mite e splendente di sole, prima che Bilbo e Gandalf se ne andassero finalmente da casa di Beorn, e sebbene desiderasse ardentemente la sua caverna, Bilbo partì con rimpianto, poiché in primavera i fiori del giardino di Beorn non erano meno meravigliosi che in estate inoltrata.

Alla fine risalirono la lunga strada delle montagne e raggiunsero il passo dove gli Orchi li avevano catturati la prima volta. Ma vi giunsero di mattina, e guardando indietro videro un sole bianco brillare sopra le terre che si stendevano davanti a loro. Al di là, si vedeva Bosco Atro, azzurro nella distanza, e verde cupo, anche in primavera, nella parte a loro più vicina. Lontano lontano, appena visibile a occhio nudo, la Montagna Solitaria: sulla sua vetta più alta la neve, non ancora disciolta, brillava pallida.

«Così, dopo il fuoco, viene la neve, e perfino i draghi trovano la loro fine!» disse Bilbo, e volse le spalle alla sua avventura. La parte Tucchica stava diventando stanchissima, e quella Baggins diventava ogni giorno più forte. «L'unica cosa che vorrei, adesso, è starmene nella mia poltrona!» aggiunse.

 


CAPITOLO XIX

L'ultima tappa

 

Era il primo giorno di maggio quando i due arrivarono finalmente al margine della valle di Gran Burrone, dove c'era l'Ultima (o la Prima) Casa Accogliente. Era di nuovo sera, i loro pony erano stanchi, specialmente quello che portava i bagagli; e tutti sentivano il bisogno di riposare. Mentre cavalcavano giù per il sentiero scosceso, Bilbo udì gli Elfi che cantavano ancora tra gli alberi, come se non avessero mai smesso da quando egli era partito; e appena i cavalieri scesero nelle radure più basse del bosco, essi esplosero in un canto più o meno come quello di un tempo.

 

Ecco il drago è già spacciato,

il suo corpo è sbriciolato,

il suo dorso è fracassato,

lo splendore suo offuscato!

E se il brando è rovinato,

se sul trono i re cadranno

col poter loro fidato

e con l'or che caro hanno,

l'erba qui rispunta ancora,

l'acqua scorre nella gora,

gli Elfi cantan a ogni ora

«Su tornate trallallà»

nella valle, tutti qual

 

Ogni stella è più lucente

delle gemme, immensamente,

e la luna è più splendente

di ogni argento appariscente:

qui la fiamma è incandescente,

nel tramonto il focolare

più dell'oro è rifulgente:

perché allor raminghi andare?

 

Ora dunque dove andate?

A tornar perché tardate?

Corre il fiume, orsù guardate

queste stelle inargentate!

Dove mai vi trascinate

col cuor triste, avvilito?

Gli Elfi con le innamorate

a chi torna qui sfinito

fan: «Tornate trallallà»

nella valle, tutti qua!

trallallà

trallallà

trallallarallarallà.

 

Poi gli Elfi della valle uscirono fuori e li salutarono, e li condussero attraverso il fiume fino alla casa di Elrond. Lì fu dato loro un caldo benvenuto, e quella sera molte avide orecchie vollero ascoltare il racconto delle loro avventure. Fu Gandalf a parlare, poiché Bilbo era piombato in uno stato di taciturna sonnolenza: egli conosceva la maggior parte della storia, perché vi aveva partecipato, e ne aveva raccontato un bel po' allo stregone sulla via del ritorno o a casa di Beorn; ma di tanto in tanto apriva un occhio e si metteva ad ascoltare, quando si arrivava a una parte della storia che egli ancora non conosceva.

Fu così che apprese dove era andato Gandalf, ascoltando per caso quando questi lo raccontava a Elrond. A quanto sembrava, Gandalf si era recato a un grande consiglio di stregoni bianchi, maestri di dottrina e magia buona; ed essi erano finalmente riusciti a snidare il Negromante dalla sua oscura tana a Sud di Bosco Atro.

«Fra non molto, ormai,» diceva Gandalf «la foresta diventerà un po' più salubre. Il Nord sarà libero da quell'orrore per lunghi anni, spero. Tuttavia, vorrei che egli fosse bandito dal mondo intero!»

«Sarebbe proprio una buona cosa,» disse Elrond «ma temo che non accadrà in quest'epoca nel mondo, e neanche in molte di quelle a venire.»

Quando la storia delle loro peripezie fu raccontata, ci furono altre storie, storie vecchie, storie nuove, storie senza tempo, finché Bilbo abbassò lentamente la testa sul petto, e si mise a russare tranquillamente in un angolo.

Si svegliò in un letto bianco, con la luna che brillava attraverso una finestra aperta. Sotto di essa molti Elfi cantavano a voce alta e chiara sulle rive del fiume.

 

Cantate gioiosi unitevi in cori!

Il vento sussurra tra alberi e fiori,

già sboccian le stelle, la luna è fiorente,

la Notte dischiude la torre lucente!

 

Ballate riuniti! Ballate ben lieti!

Il piede è una piuma, son l'erbe tappeti!

Son l'ombre svanite, il fiume è d'argento:

trovarsi qui a maggio, qual dolce momento!

 

Cantiam sottovoce, e un sogno lo colga!

Cullato dal sonno, lasciam che l'avvolga.

Il nomade dorme su un letto silvano,

dormite anche voi, o Salice o Ontano!

 

All'alba nascente sospira tu, Vino!

Tu, Luna, tramonta! Il buio si faccia!

Silenzio tu, Quercia! Tu, Frassino, Spino!

Finché non vien l'alba il fiume si taccia!

 

«Ebbene, Gente Allegra!» disse Bilbo guardando di fuori. «Che ora è, secondo la luna? La vostra ninnananna sveglierebbe un Orco ubriaco! Ma vi ringrazio lo stesso!»

 

 

«E il rumore che fai russando sveglierebbe un drago di pietra... Ma ti ringraziamo lo stesso!» essi risposero ridendo. «È quasi l'alba, e hai dormito fin dalle prime ore della notte. Domani, forse, il sonno avrà curato la tua stanchezza.»

«Un po' di sonno è una cura eccellente nella casa di Elrond,» egli rispose «e io voglio curarmi il più a lungo possibile! Di nuovo buona notte, cari amici!» E con ciò tornò a letto e dormì fino a tardi.

La stanchezza gli cadde di dosso molto presto in quella casa, ed egli prese parte a molti divertimenti e danze, di mattino o di sera, organizzati dagli Elfi della valle. Però neanche quel posto poteva trattenerlo a lungo, ormai, perché pensava sempre a casa sua. Dopo una settimana, perciò, disse addio a Elrond, e facendogli alcuni regali, piccoli perché venissero accettati, partì assieme a Gandalf.

Mentre lasciavano la valle il cielo si oscurò a Ovest davanti a loro, e il vento e la pioggia si levarono loro incontro.

«È proprio bello a maggio!» disse Bilbo, mentre la pioggia gli batteva in faccia. «Le leggende sono ormai alle nostre spalle e stiamo arrivando a casa. Suppongo che questa sia una specie di benvenuto!»

«Resta ancora un lungo tratto di strada da fare» disse Gandalf.

«Ma è l'ultimo tratto» disse Bilbo.

Arrivarono al fiume che segnava l'estremo limite del confine delle Terre Selvagge, e al guado sotto la riva scoscesa, di cui forse vi ricorderete. L'acqua era rigonfia sia per lo scioglimento delle nevi all'approssimarsi dell'estate, sia per la pioggia continua; ma con qualche difficoltà essi l'attraversarono, e senza por tempo in mezzo, poiché calava la sera, affrontarono l'ultima tappa del loro viaggio.

Tutto era più o meno come prima tranne che la brigata era meno numerosa, e più silenziosa; inoltre questa volta non c'erano Uomini Neri. A ogni punto della strada Bilbo ricordava eventi e parole di un anno prima - ma gli sembrava piuttosto che fossero passati dieci anni - così che, ovviamente, egli notò rapidamente il punto in cui il pony era caduto nel fiume, ed essi avevano deviato a causa della brutta avventura con Maso, Berto e Guglielmo.

Non lontano dalla strada trovarono l'oro degli Uomini Neri, che avevano seppellito, ancora nascosto e intatto. «Io ne ho abbastanza finché campo» disse Bilbo quando lo ebbero dissepolto. «È meglio che questo lo prenda tu, Gandalf. Oso dire che sai benissimo come utilizzarlo.»

«Su questo non c'è dubbio!» disse lo stregone.

«Ma dividiamolo a metà! Potresti scoprire di averne bisogno più di quanto ti aspetti.»

Così misero l'oro dentro alcune borse, e le caricarono sui pony, che non ne furono affatto entusiasti. La loro andatura si fece quindi più lenta, perché per lo più andarono a piedi. Ma la contrada era verde, e c'era tanta erba sulla quale lo Hobbit gironzolava tutto contento. Si asciugò la faccia con un fazzoletto di seta rossa (non gliene era rimasto neanche uno dei suoi, questo se l'era fatto prestare da Elrond), poiché ormai giugno aveva recato l'estate, e il tempo era di nuovo caldo e luminoso.

Poiché tutte le cose hanno una fine (perfino questa storia), venne finalmente il giorno in cui giunsero in vista della regione dove Bilbo era nato e cresciuto, dove la forma della terra e degli alberi gli era nota quanto le proprie mani e i piedi. Arrivando su un'altura, egli poté vedere in distanza la sua Collina, e improvvisamente si fermò e disse:

Sempre, sempre le strade vanno avanti

su rocce e sotto piante, a costeggiare

Antri che di ogni luce son mancanti,

lungo ruscelli che non vanno al mare,

Sopra la neve che d'inverno cade,

in mezzo ai fior felici dell'estate,

Sopra la pietra e prati di rugiade,

sotto montagne di luna inondate.

Sempre, sempre le strade vanno avanti

sotto le nubi e la volta stellata,

Ma i piedi incerti, nel cammino erranti,

volgono infine alla dimora amata.

Gli occhi che han visto spade e fiamme ardenti

e in sale di pietra orrori ignoti,

Guardano infine i pascoli ridenti

e gli alberi ed i colli tanto noti.

 

Gandalf lo guardò con tanto d'occhi. «Mio caro Bilbo!» disse. «C'è qualcosa che non va! Non sei più lo Hobbit di un tempo!»

Attraversarono dunque il ponte e passarono il mulino sul fiume, e si trovarono finalmente davanti alla porta di casa di Bilbo.

«Santo cielo! Che sta succedendo?» egli gridò. C'era una gran confusione, e gente d'ogni razza, rispettabile e non, si accalcava davanti alla porta, e molti ne entravano e uscivano - senza neanche pulirsi i piedi sullo zerbino, come Bilbo notò con fastidio.

Se lui fu sorpreso, gli altri lo furono ancora di più. Egli era ritornato nel bel mezzo di un'asta! C'era un grosso cartello appeso al cancello, su cui c'era scritto in rosso e nero che il ventidue luglio, a cura dello Spett. Studio Notarile Grufola, Grufola e Zappascava sarebbero stati venduti all'asta gli effetti del defunto Egr. sig. Bilbo Baggins, Casa Baggins, Vicolo Cieco, Sottocolle, Hobbitopoli. La vendita avrebbe avuto inizio alle dieci precise. Ormai era quasi ora di pranzo, e la maggior parte delle cose erano già state vendute, per prezzi che variavano da quasi niente a quattro soldi (cosa non del tutto insolita in questo tipo di aste). I cugini di Bilbo, i Sackville-Baggins, erano, infatti, indaffaratissimi a prendere le misure delle stanze per vedere se i loro mobili ci sarebbero stati bene. In breve, Bilbo era stato oggetto di una dichiarazione di morte presunta, e non tutti quelli che lo avevano dichiarato furono spiacenti di scoprire che la presunzione era illegittima.

Il ritorno del signor Bilbo Baggins creò un bel po' di scompiglio, sia sotto la Collina sia sopra la Collina sia di là dall'Acqua; fu molto più di un fuoco di paglia. In realtà, le seccature legali si trascinarono per anni. Ci volle un bel po' di tempo prima che il signor Baggins fosse effettivamente riammesso nel mondo dei vivi. La gente che aveva fatto buoni affari alla vendita ci mise un bel po' a convincersene; e alla fine, per non perdere altro tempo, Bilbo dovette ricomprare molti suoi mobili. I suoi cucchiaini d'argento erano spariti misteriosamente quasi tutti, e di essi non si seppe più nulla. Personalmente egli sospettava i Sackville-Baggins. Dal canto loro, questi non ammisero mai che il Baggins ritornato fosse quello vero, né mai intrattennero buoni rapporti con Bilbo. In realtà a loro sarebbe piaciuto moltissimo vivere nella bella caverna hobbit di costui.

In realtà Bilbo scoprì di aver perso più dei cucchiaini: aveva perso la reputazione. È vero che in seguito egli rimase sempre amico degli Elfi, ed ebbe l'onore di ricevere la visita di Nani, stregoni e simili quando passavano da quelle parti; ma non era più rispettabile. In effetti veniva considerato da tutti gli Hobbit del circondario come un essere «stravagante», con l'eccezione dei suoi nipoti e nipotine di parte Tuc, ma neanche costoro furono incoraggiati in questa amicizia dai loro maggiori.

Mi spiace dire che a lui non gliene importava niente. Era abbastanza contento; e in seguito il fischio della cuccuma risonò in cuor suo più melodioso che mai, perfino più che nei giorni quieti prima della Riunione Inaspettata. Appese la spada sopra il caminetto, e la cotta di maglia fu sistemata su un sostegno nell'ingresso (finché non la diede in prestito al museo). L'oro e l'argento li spese per lo più per far regali, sia utili sia bizzarri, e ciò spiega fino a un certo punto l'affetto dimostratogli da nipoti e nipotine. Mantenne il segreto più assoluto riguardo all'anello magico, usandolo essenzialmente quando arrivavano visitatori antipatici.

Si mise a scrivere poesie e a far visita agli Elfi; e benché molti scotessero la testa e si picchiassero la fronte dicendo: «Povero vecchio Baggins!», e solo pochi credessero a una qualsiasi delle sue storie, egli visse felice e contento fino alla fine dei suoi giorni, che furono eccezionalmente lunghi.

 

* * *

 

Una sera d'autunno di qualche anno dopo, Bilbo stava seduto nello studio a scrivere le sue memorie (meditava di intitolarle Andata e Ritorno, le Vacanze di uno Hobbit), quando sonarono alla porta. Era Gandalf con un Nano; e per la precisione il Nano era Balin.

«Avanti, avanti!» disse Bilbo, e ben presto furono comodamente seduti accanto al fuoco. Se Balin si accorse che il panciotto del signor Baggins era di una taglia più grande (e anche di maggior valore: aveva bottoni d'oro vero), dal canto suo Bilbo si accorse che la barba di Balin era più lunga di parecchi centimetri, e che la sua cintura di pietre preziose era sfarzosissima.

La conversazione cadde naturalmente sui tempi trascorsi insieme, e Bilbo domandò come andassero le cose dalle parti della Montagna. Pareva che andassero benissimo. Bard aveva ricostruito la città di Dale e attorno a lui si erano raccolti Uomini provenienti dal lago, da Sud e da Ovest, e tutta la valle era ridiventata fertile e ricca, e il deserto adesso era pieno di uccelli, fiori a primavera, e frutta e feste in autunno. E Pontelagolungo era stata ricostruita ed era più prospera che mai, e grandi ricchezze andavano su e giù per il Fiume Fluente; e da quelle parti rapporti di amicizia univano tra loro Elfi, Nani e Uomini.

Il vecchio Governatore aveva fatto una brutta fine. Bard gli aveva dato molto oro per aiutare la gente del lago, ma essendo di quella razza che prende facilmente certe malattie, egli cadde in potere del drago e, presa con sé la maggior parte dell'oro, fuggì, e morì di fame nel Deserto, abbandonato dai suoi compagni.

«Il nuovo Governatore è un tipo più saggio,» disse Balin «e molto popolare, perché, naturalmente, si prende tutto il merito dell'attuale prosperità. Stanno componendo canzoni che dicono che ai suoi giorni l'oro scorre a fiumi.»

«Allora le profezie delle vecchie canzoni si sono rivelate vere, più o meno!» disse Bilbo.

«Ma certo!» disse Gandalf. «E perché non dovrebbero rivelarsi vere? Certo non metterai in dubbio le profezie, se hai contribuito a farle avverare! Non crederai mica, spero, che ti sia andata bene in tutte le tue avventure e fughe per pura fortuna, così, solo e soltanto per il tuo bene? Sei una bravissima persona, signor Baggins, e io ti sono molto affezionato; ma in fondo sei solo una piccola creatura in un mondo molto vasto!»

«Grazie al cielo!» disse Bilbo ridendo, e gli porse la borsa del tabacco.

 


 

 


NOTA BIOGRAFICA SULL'AUTORE

 

John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973), massimo studioso di letteratura medievale inglese, è l'autore della celebre trilogia Il Signore degli Anelli. Tra le sue altre opere, tutte pubblicate in Italia da Bompiani a partire dal Duemila, ricordiamo: Il Silmarillion, Lo Hobbit annotato, Albero e Foglia, Le avventure di Tom Bombadil, Racconti ritrovati, Racconti perduti, Il Cacciatore di Draghi, Mr. Bliss, Antologia di J.R.R. Tolkien, Le lettere di Babbo Natale, La Mappa della Terra di Mezzo, Lo Hobbit a fumetti, Racconti incompiuti, La realtà in trasparenza (Lettere 1914-1973), Immagini, L'Atlante della Terra di Mezzo.

 

NOTA BIOGRAFICA SULL'ILLUSTRATORE

 

Alan Lee è nato nel Middlesex nel 1947. Ha studiato Grafica alla Ealing School of Art, specializzandosi nella rappresentazione grafica dei miti celti e norvegesi, e nel corso della sua carriera è sempre rimasto legato al fascino della mitologia. È stato l'illustratore di un gran numero di libri, tra i quali Faeries (con Brian Froud), The Mabinogion, Castles, Merlin Dreams e l'edizione inglese per il centenario del Signore degli Anelli. E anche l'ideatore della grafica alla base del film di Terry Jones, Erik il Vichingo, e ha ricevuto la Carnegie Medal per la sua edizione illustrata dell'Iliade. L'opera di Tolkien lo ha sempre ispirato fin dalla prima lettura infantile del Signore degli Anelli. Vive e lavora nel Devon, nelle vicinanze del parco di Dartmoor.

 

FINE


Date: 2015-12-17; view: 828


<== previous page | next page ==>
Scoppia il temporale | An Unexpected Journey
doclecture.net - lectures - 2014-2024 year. Copyright infringement or personal data (0.026 sec.)