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Una riunione inaspettata 2 page

 

Faceano i Nani un dì magiche gesta,

battendo mazze qual campane a festa

dove dorme laggiù tetro un mistero

negli antri sotto la rocciosa cresta.

 

Per prenci antichi degli Elfi signori,

gli accumulati e balenanti ori

lavoravano ad arte, il dì ghermendo

per dare a gemme d'elsa altri splendori.

 

Trapuntavan di stelle le collane

i serti con baglior di drago immane,

poi in ritorto fil di sole e luna

intessevan le luci in filigrane.

 

Lontan sui monti fumidi e gelati

in antri fondi, oscuri desolati,

prima che sorga il sol dobbiamo andare

per esigere i nostri ori obliati.

 

Calici e arpe cesellavan d'oro

e dove gli Uomini non scavan, loro

vissero a lungo, ma dei lieti canti

né Uom né Elfo sentì mai il coro.

 

I pini sulle alture eran ruggenti,

alti gemevan nella notte i venti.

Rosso era il fuoco e distruggeva tutto,

gli alberi come torce eran splendenti.

 

Le campane s'udivan per la vallata

e la faccia d'ognuno era sbiancata;

del fuoco più crudel, l'ira del drago

distrusse torri e case all'impazzata.

 

Fumava il monte nel chiaror lunare;

i Nani udir la morte ecco avanzare.

La casa abbandonarono, morendo

di sotto il drago nel chiaror lunare.

 

Lontan sui monti fumidi e gelati

in antri fondi, oscuri, desolati,

prima che sorga il sol dobbiamo andare

a riaver l'arpe e l'oro a noi strappati.

 

Mentre cantavano, lo Hobbit sentì vibrare in sé l'amore per le belle cose fatte con le proprie mani, con abilità e magia, un amore fiero e geloso, il desiderio dei cuori dei Nani. Allora qualcosa che gli veniva dai Tuc si risvegliò in lui, e desiderò di andare a vedere le grandi montagne, udire i pini e le cascate, esplorare le grotte e impugnare la spada al posto del bastone da passeggio. Guardò fuori della finestra. Le stelle erano apparse in un cielo buio al di sopra degli alberi. Pensò ai gioielli dei Nani che scintillavano in caverne buie. Improvvisamente nel bosco di là dall'Acqua palpitò una fiamma - probabilmente qualcuno che accendeva un fuoco di legna - ed egli pensò a draghi predatori che venivano a installarsi sulla sua quieta Collina e ad appiccare il fuoco dappertutto. Rabbrividì: e in men che non si dica era tornato a essere il posato signor Baggins di Casa Baggins, Vicolo Cieco, Sottocolle.

Si alzò tremando. Aveva meno di una mezza idea di andare a prendere una lampada, e più di una mezza idea di far solo finta, e di andare invece a nascondersi in cantina dietro i barili di birra, per non tornare più finché tutti i Nani non se ne fossero andati. Improvvisamente si rese conto che la musica e il canto si erano interrotti, e che tutti lo stavano guardando con occhi scintillanti nel buio.

«Dove stai andando?» disse Thorin, con un tono che sembrava mostrare che aveva intuito entrambe le mezze idee dello Hobbit.



«Che ne pensate di un po' di luce?» disse Bilbo in tono di scusa.

«L'oscurità ci piace!» dissero tutti i Nani. «Oscurità per affari oscuri! Mancano molte ore all'alba!»

«Ma certo!» disse Bilbo, e si sedette in fretta. Mancò lo sgabello e si sedette sul parafuoco, urtando con gran fracasso la paletta e l'attizzatoio.

«Ssst!» disse Gandalf. «Che Thorin parli.» E Thorin cominciò così.

«Gandalf, Nani e signor Baggins! Ci siamo riuniti nella casa del nostro amico e compagno cospiratore, questo eccellentissimo e audacissimo Hobbit - voglia il cielo che i peli dei suoi piedi non cadano mai! lode grandissima al suo vino e alla sua birra!...» Qui fece una pausa per riprender fiato e per un'educata replica dello Hobbit, ma i complimenti eran del tutto sprecati col povero Bilbo Baggins che boccheggiava tentando di protestare contro l'esser chiamato audace e peggio che mai compagno cospiratore, pur non riuscendo a produrre alcun suono, tanto era abbattuto.

Così, Thorin continuò: «Ci siamo riuniti per discutere i nostri piani, le soluzioni, i mezzi, le strategie e le risorse. Tra poco, prima che spunti l'alba, intraprenderemo il nostro lungo viaggio, un viaggio da cui qualcuno di noi, o forse ognuno di noi (eccetto il nostro amico e consigliere, l'ingegnoso stregone Gandalf) può anche non ritornare. È un momento solenne. Il nostro scopo, non credo di sbagliare, è ben noto a tutti noi. Per lo stimatissimo signor Baggins, e forse per uno o due dei Nani più giovani (credo di non sbagliarmi se indico Kili e Fili, per esempio) può essere opportuna una sommaria e breve descrizione dello stato attuale delle cose.»

Questo era lo stile di Thorin. Era un Nano importante. Se gli fosse stato permesso, con molta probabilità sarebbe andato avanti in questo modo fino a rimanere senza fiato, senza raccontare a nessuno dei presenti niente che non fosse già noto a tutti. Ma fu bruscamente interrotto. Il povero Bilbo non ce la fece più a sopportarlo. Al può anche non ritornare cominciò a sentire un grido salire dentro di lui, e ben presto esso esplose come il fischio lacerante di una locomotiva che esce da un tunnel. Tutti i Nani saltarono su picchiando sulla tavola. Gandalf fece sprizzare una luce blu dall'estremità del suo magico bastone e nel suo vivido bagliore si poté vedere il povero piccolo Hobbit inginocchiato sul tappeto davanti al focolare, tremante come una gelatina che si sta squagliando. Poi cadde bocconi sul pavimento e continuò a gridare: «Fulminato, fulminato!»; e questo fu tutto quanto riuscirono a cavargli fuori per un bel po'. Così lo presero e lo levarono di lì, posandolo sul divano del salotto con qualcosa da bere vicino, e tornarono ai loro affari oscuri.

«Che tipetto impressionabile!» disse Gandalf quando si furono nuovamente seduti. «Gli vengono questi strani buffi attacchi, ma è uno dei migliori... uno dei migliori, fiero come un drago nelle peste.»

Se avete mai visto un drago nelle peste, vi renderete conto che questa era solo un'esagerazione poetica, se riferita a un qualsiasi Hobbit, perfino al proprozio del Vecchio Tuc, Ruggitoro, che era tanto alto (per uno Hobbit) da poter cavalcare un cavallo. Prese parte alla carica contro le schiere degli orchi di Monte Gramma, nella Battaglia di Campiverdi, e colpì e staccò di netto la testa del loro re Golfimpal con una mazza di legno. La testa volò in aria per un centinaio di metri e cadde poi giù in una tana di coniglio: e in questo modo fu vinta la battaglia e, contemporaneamente, inventato il gioco del Golf.

Nel frattempo, comunque, il più mite discendente di Ruggitoro stava riprendendosi in salotto. Dopo un po' di tempo e un bicchierino, si avvicinò furtivamente alla porta del salotto, e udì Gloin che diceva: «Ehm!» (o qualche altro sbuffo del genere). «Credete che ce la farà? Non discuto il fatto che secondo Gandalf questo Hobbit sia tanto fiero, ma un urlo come quello, in un momento di panico, basterebbe a svegliare il drago e tutti i suoi parenti, e a far uccidere molti di noi. In realtà, se non fosse stato per il segno sulla porta, direi che siamo entrati nella casa sbagliata. Appena ho dato un'occhiata a quel tipetto saltellante e sbuffante sullo zerbino ho avuto i miei dubbi. Sembra più un bottegaio che uno scassinatore!»

A questo punto il signor Baggins girò la maniglia ed entrò. Il lato Tuc aveva vinto. Sentì improvvisamente che avrebbe fatto a meno del letto e della prima colazione pur di essere considerato una tempra d'acciaio; quanto al tipetto saltellante sullo zerbino, una frase così lo aveva già temprato abbastanza. Molto tempo dopo, il lato Baggins avrebbe rimpianto ciò che fece ora, ed egli si sarebbe detto: 'Bilbo, sei stato un pazzo: te la sei proprio andata a cercare'.

«Scusatemi,» disse «se per caso ho sentito le parole che stavate dicendo. Non pretendo di capire di che cosa stiate parlando, o il vostro riferimento agli scassinatori, ma penso di aver ragione nel credere» (questo è quello che chiamava ammantarsi della propria dignità) «che voi pensiate che io sia un inetto. Vi proverò il contrario. Non ho segni sulla mia porta - è stata ridipinta la settimana scorsa - e sono assolutamente sicuro che siete entrati nella casa sbagliata. Appena ho visto le vostre buffe facce sui gradini della porta, ho avuto i miei dubbi. Ma ammettiamo pure che questa sia la casa giusta. Ditemi cosa volete che faccia, e io farò del mio meglio, anche se dovessi andare a piedi da qui al più Lontano Oriente e combattere i selvaggi Draghi Mannari nell'Ultimo Deserto. Un mio pro-pro-pro-prozio, Ruggitoro Tuc, una volta...»

«Sì, sì, ma era molto tempo fa» disse Gloin. «Io stavo parlando di te. E ti assicuro che su questa porta c'è un segno, quello comunemente usato nel mestiere, o quanto meno usato fino a qualche tempo fa. Scassinatore cerca buon lavoro, eccitante e ragionevolmente remunerativo, ecco come lo si legge di solito. Se preferisci, puoi dire Esperto Cacciatore di Tesori invece di Scassinatore. Qualcuno lo fa. Per noi è proprio lo stesso. Gandalf ci ha detto che da queste parti c'era una persona del genere, che cercava lavoro immediatamente e che aveva organizzato un incontro qui per questo mercoledì all'ora del tè.»

«Certo che c'è un segno» disse Gandalf. «Ce l'ho messo io stesso. Per ottime ragioni. Mi avevate chiesto di trovare un quattordicesimo uomo per la vostra spedizione, e io ho scelto il signor Baggins. Se solo qualcuno si permette di dire che ho scelto l'uomo sbagliato o la casa sbagliata, potete restare in tredici e avere tutta la sfortuna che vi pare o tornarvene a scavare carbone!»

Sgridò Gloin con tanta ira che il Nano si rannicchiò tutto in fondo alla sedia; e quando Bilbo tentò di aprir bocca per fare una domanda, si girò verso di lui, lo fissò severamente aggrottando le irsute sopracciglia, finché Bilbo non serrò la bocca con uno scatto. «Così va bene» disse Gandalf. «Smettiamola di litigare. Ho scelto il signor Baggins e questo dovrebbe essere più che sufficiente per tutti voi. Se io dico che è uno Scassinatore, Scassinatore è, o lo sarà al momento opportuno. È più in gamba di quanto voi non possiate indovinare, e assai più di quanto egli stesso immagini. Mi auguro che possiate tutti sopravvivere per ringraziarmi ancora. Adesso, Bilbo, ragazzo mio, va' a prendere la lampada e illuminiamo un po' questa!»

E alla luce di una grossa lampada dall'ombra rossa, spiegò sulla tavola un pezzo di pergamena che somigliava molto a una mappa.

 

 

«Questa fu fatta da Thror, tuo nonno, Thorin» disse in risposta alle concitate domande dei Nani. «È una pianta della Montagna.»

«Non mi pare che ci aiuterà molto» disse Thorin con un certo disappunto, dopo averci dato un'occhiata. «Ricordo abbastanza bene la Montagna e le terre tutt'intorno. E so dov'è Bosco Atro e la Brughiera Arida, dove sono nati i grandi draghi.»

«C'è un drago segnato in rosso sulla Montagna,» disse Balin «ma sarà abbastanza facile trovarlo lo stesso, se mai arriviamo là.»

«C'è una cosa che non avete notato,» disse lo stregone «ed è la porta segreta. Vedete quella runa sulla parte orientale e la mano che la indica dalle altre rune? Questo è il segno di un passaggio alle Sale Inferiori.» (Guardate la pianta all'inizio di questo libro e vedrete le rune sulla sinistra.)

«Può essere stata segreta un tempo» disse Thorin. «Ma come facciamo a sapere che lo è ancora? Il vecchio Smog ha vissuto lì abbastanza a lungo per scoprire tutto quanto c'è da sapere riguardo a quelle caverne.»

«Probabilmente; ma non può averla usata da anni e anni.»

«Perché?»

«Perché è troppo piccola. 'La porta è alta un metro e mezzo e ci si può passare in tre per volta', dicono le rune, ma Smog non poteva infilarsi in una apertura di quella misura, neanche quand'era un giovane drago, e certo non dopo avere divorato tutti quei Nani e tutti quegli Uomini di Dale.»

«A me sembra un'apertura molto grande!» squittì Bilbo (che non aveva nessuna esperienza di draghi, ma solo di caverne hobbit). Stava di nuovo eccitandosi e prendendo interesse, sicché dimenticò di tener chiusa la bocca. Amava le mappe, e nell'ingresso ne teneva appesa una grande del territorio della Contea con tutte le sue passeggiate preferite segnate in rosso. «Come ha potuto una porta così larga rimanere nascosta a tutti gli estranei, a parte il drago?» domandò. Non dimenticate che era solo un piccolo Hobbit...

«In molti modi» disse Gandalf. «Ma come questa in particolare sia rimasta nascosta, non possiamo saperlo senza andare a vedere. Da quanto dice la mappa, direi che si tratta di una porta chiusa in modo da sembrare esattamente una parte del fianco della Montagna. È il metodo comunemente usato dai Nani, mi pare, o sbaglio?»

«No, hai perfettamente ragione» disse Thorin.

«Inoltre,» continuò Gandalf «ho dimenticato di dirvi che assieme alla mappa c'è una chiave, una chiave piccola e strana. Eccola qua!» disse, e porse a Thorin una chiave d'argento dal lungo fusto, con gli ingegni molto complicati. «Tienila al sicuro!»

«Senza dubbio!» e Thorin l'assicurò a una sottile catenella che gli pendeva attorno al collo, sotto la giacca. «Adesso le cose cominciano ad apparire più rosee: questa novità le migliora molto. Finora non sapevamo bene che cosa fare. Pensavamo di andare verso Oriente, il più silenziosamente e prudentemente possibile, fino al Lago Lungo. I guai sarebbero cominciati allora...»

«Molto prima, se so qualcosa delle strade orientali» interruppe Gandalf.

«Da lì avremmo potuto risalire il Fiume Fluente» continuò Thorin senza badargli «e poi arrivare alle rovine di Dale, l'antica città della valle, all'ombra della Montagna. Ma a nessuno di noi piaceva l'idea della Porta Principale. Il fiume scorre fuori proprio di lì, attraverso le grandi rupi a sud della Montagna e proprio di lì esce anche il drago, anche un po' troppo spesso, a meno che non abbia cambiato le proprie abitudini.»

«Questo non servirebbe a niente» disse lo stregone. «Non senza un possente Guerriero, anzi un Eroe. Ho cercato di trovarne uno, ma i guerrieri sono occupati a combattersi l'un l'altro in terre lontane, e in questa zona gli eroi scarseggiano o è semplicemente impossibile trovarli. Da queste parti le spade hanno per lo più perso il filo, le asce sono usate per gli alberi, e gli scudi come culle o coperchi; i draghi poi sono confortevolmente lontani (e perciò leggendari). Ecco perché mi sono deciso per lo scassinamento, specialmente quando mi sono ricordato dell'esistenza della Porta Laterale. Ed ecco il nostro piccolo Bilbo Baggins, lo scassinatore, lo scassinatore scelto e prescelto. Perciò andiamo avanti e facciamo qualche piano.»

«Molto bene, allora,» disse Thorin «ammesso che l'esperto in furto con scasso ci dia qualche buona idea o qualche suggerimento.» Si girò con ironica cortesia verso Bilbo.

«In primo luogo mi piacerebbe saperne un po' di più» disse questi, sentendosi confuso e interiormente un po' scosso, ma ancora Tuccamente deciso ad andare avanti con quella faccenda. «Voglio dire riguardo all'oro e al drago e compagnia bella, e come ci è arrivato e a chi appartiene, eccetera eccetera.»

«Che il cielo mi fulmini!» disse Thorin. «Non hai qui una mappa? E non hai sentito la nostra canzone? E non siamo stati a parlarne per ore e ore?»

«Mi piacerebbe lo stesso avere una spiegazione chiara e semplice» disse Bilbo ostinato, assumendo i suoi modi professionali (di solito riservati alle persone che cercavano di chiedergli denaro in prestito), e facendo del proprio meglio per apparire saggio, prudente, professionale e all'altezza della raccomandazione di Gandalf. «Inoltre mi piacerebbe saperne di più sui rischi, sulle spese extra, sul tempo a disposizione, sul compenso, e così via.» E voleva dire: «Che cosa me ne verrà in tasca? e tornerò indietro vivo?»

«Benissimo, allora!» disse Thorin. «Molto tempo fa, al tempo di mio nonno Thror, la nostra famiglia fu cacciata dal lontano Nord e ritornò con tutti i suoi beni e i suoi attrezzi a questa Montagna indicata sulla mappa. Era stata scoperta dal mio lontano antenato Thrain il Vecchio, ma fu solo a quel tempo che i miei parenti vi scavarono sotto delle miniere e dei tunnel, e vi costruirono sale più larghe e officine più grandi; inoltre trovarono, credo, un bel po' d'oro e anche un'infinità di pietre preziose. In ogni modo divennero immensamente ricchi e famosi, e mio nonno fu di nuovo Re sotto la Montagna, e trattato con gran rispetto dagli Uomini mortali, che vivevano a Sud, e si diffondevano gradatamente per tutta la valle all'ombra della Montagna risalendo il Fiume Fluente. In quei giorni costruirono lì la prospera città di Dale. I re ricercavano l'opera dei nostri fabbri, e ricompensavano perfino il meno abile con la massima liberalità. I padri ci pregavano di prendere i loro figli come apprendisti e ci pagavano profumatamente, specialmente con prodotti alimentari, che noi non ci curavamo di coltivare o di procurarci noi stessi. Tutto sommato erano gran bei giorni per noi, e il più povero aveva soldi da spendere e prestare, e tutto il tempo libero che voleva per fare le cose più belle per puro diletto; per non parlare dei balocchi, i più magici e meravigliosi del mondo, di cui oggi non si ha assolutamente l'uguale. Così le sale di mio nonno si riempirono di armature, gioielli, incisioni e coppe, e il mercato dei balocchi a Dale divenne la meraviglia del Nord.»

«Senza dubbio fu questo che attirò il drago. Sai che i draghi rubano agli Uomini, agli Elfi e ai Nani oro e gioielli, dovunque possano trovarli; e fanno la guardia al loro bottino finché vivono (il che in pratica vuol dire per sempre, a meno che non vengano uccisi) e non si godono uno spillo di quello che hanno rubato. In realtà sanno a malapena distinguere un lavoro ben fatto da uno fatto male, anche se di solito ne conoscono bene il valore corrente sul mercato; e non sono capaci di fare alcunché da soli, neanche di riparare una scaglietta staccatasi dalla loro corazza. A quei tempi c'era un gran numero di draghi al Nord, e l'oro probabilmente cominciava a scarseggiare da quelle parti, coi Nani che scappavano a Sud o venivano uccisi e la desolazione e la distruzione che i draghi continuavano a disseminare, sì che tutto andava di male in peggio. C'era un drago particolarmente avido, forte e malvagio, chiamato Smog. Un giorno si levò in aria e volando giunse al Sud. La prima cosa che sentimmo di lui fu un rumore come d'uragano provenire da Nord, e i pini sulla Montagna scricchiolare e schiantarsi al vento. Con alcuni dei Nani che per caso si trovavano all'aperto (per fortuna ero uno di essi, un ragazzetto avventuroso a quei tempi, sempre in giro, e questo mi salvò la vita quel giorno) - bene, da una bella distanza vedemmo il drago calare sulla nostra montagna in una nube di fuoco. Poi scese la china e quando arrivò ai boschi, le fiamme li divorarono. Contemporaneamente, tutte le campane suonavano a Dale e i guerrieri si armavano. I Nani si precipitarono fuori della grande porta, ma trovarono il drago ad aspettarli. Nessuno si salvò per quella via. Il fiume ribollì in densi vapori e una fitta nebbia investì Dale, e nella nebbia il drago calò su di loro e distrusse quasi tutti i guerrieri - la solita storia disgraziata, fin troppo comune a quei giorni. Poi tornò indietro e si infilò dentro la Porta Principale e mise a soqquadro tutte le sale, i condotti, i tunnel, i corridoi, le cantine, le abitazioni e i passaggi. Dopo di ciò non rimase all'interno un solo Nano vivo, ed egli si impadronì di tutti i loro beni. Probabilmente, perché questo è l'uso dei draghi, ha ammassato tutto in un gran mucchio nel cuore della Montagna e ci dorme sopra come fosse il suo letto. Era solito poi strisciare fuori della grande porta e andare a Dale di notte a portar via delle persone, specialmente fanciulle, per mangiarsele, finché Dale non fu rovinata e tutta la sua gente morta o partita. Non so con certezza che cosa vi stia succedendo adesso, ma credo che al giorno d'oggi nessuno viva più vicino alla Montagna, almeno non oltre l'estremità più lontana del Lago Lungo.»

«Quei pochi tra noi che erano fuori al sicuro si sedettero e piansero, tenendosi nascosti, e maledissero Smog; poi, inaspettatamente, fummo raggiunti da mio padre e da mio nonno con le barbe bruciate. Avevano un aspetto torvo ed ebbero pochissime parole. Quando domandai come avessero fatto a scampare, mi dissero di tenere a freno la lingua, e aggiunsero che un giorno, al momento opportuno, l'avrei saputo. Dopo di che ce ne andammo, e dovemmo guadagnarci da vivere come meglio potevamo ora qui ora là, fin troppo spesso costretti a umiliarci lavorando come maniscalchi o addirittura come minatori. Ma non abbiamo mai dimenticato il nostro tesoro rubato. E ancor oggi, che abbiamo messo da parte un bel po' e non stiamo proprio tanto male, ammettiamolo pure,» e qui Thorin passò la mano sulla catena d'oro attorno al collo «ancora oggi vogliamo riaverlo, e tornare a casa e rovesciare le nostre maledizioni su Smog, se possiamo.»

«Mi sono spesso stupito della fuga di mio padre e di mio nonno. Mi rendo conto adesso che dovevano aver avuto una Porta Laterale privata di cui essi soli conoscevano l'esistenza. Ma a quanto pare fecero una mappa e mi piacerebbe sapere come ha fatto Gandalf a impossessarsene, e perché non è arrivata a me, il legittimo erede.»

«Non è che io me ne sia impossessato; essa mi è stata data» disse lo stregone. «Tuo nonno Thror fu ucciso, come ben ricordi, nelle miniere di Moria da Azog l'Orco.»

«Maledetto il suo nome, sì» disse Thorin.

«E Thrain, tuo padre, scomparve il ventun'aprile, che giovedì scorso faceva cent'anni, e tu non l'hai più visto da allora...»

«Vero, vero» disse Thorin.

«Bene, tuo padre me la dette perché io la dessi a te; e se ho scelto il momento e il modo che preferivo per consegnartela, non puoi proprio biasimarmi, considerate le difficoltà che ho avuto per trovarti. Tuo padre non riusciva neanche a ricordarsi il suo nome quando mi dette la carta e non mi disse mai il tuo; così nel complesso penso che dovrei essere lodato e ringraziato! Ecco qua» disse consegnando la mappa a Thorin.

«Non capisco» disse Thorin, e Bilbo pensò che gli sarebbe piaciuto dire lo stesso. La spiegazione non sembrava spiegare niente.

«Tuo nonno» disse lo stregone con voce lenta e severa «dette la mappa a suo figlio prima di recarsi nelle miniere di Moria. Tuo padre se ne andò a tentare la sorte con la mappa dopo che tuo nonno fu ucciso, ed ebbe un gran numero di avventure del tipo più spiacevole, ma non arrivò mai vicino alla Montagna. Come fosse arrivato lì non lo so, ma lo trovai prigioniero nelle segrete del Negromante.»

«Che cosa ci eri andato a fare?» disse Thorin con un fremito d'orrore: e tutti i Nani rabbrividirono.

«Questo non ti riguarda. Indagavo, come al solito; ed era proprio un affare maledettamente pericoloso. Perfino io, Gandalf, riuscii a scappare per un soffio. Cercai di salvare tuo padre, ma era troppo tardi. Inebetito e brancolante, si era ormai dimenticato quasi di tutto, tranne che della mappa e della chiave.»

«Molto tempo fa l'abbiamo fatta pagare agli orchi di Moria» disse Thorin. «Dobbiamo cominciare a occuparci del Negromante!»

«Non essere assurdo! È un nemico molto al di sopra delle capacità di tutti i Nani messi assieme, se anche potessero essere riuniti di nuovo dai quattro angoli della terra. La sola cosa che tuo padre desiderava era che suo figlio leggesse la mappa e usasse la chiave. Il drago e la Montagna bastano e avanzano per voi!»

«Senti, senti!» disse Bilbo, e per caso lo disse ad alta voce.

«Senti che cosa?» dissero tutti volgendosi di scatto verso di lui, ed egli ne fu così confuso che rispose: «Senti che cosa ho da dire!.»

«Che cosa?» domandarono.

«Be', direi che dovreste andare a Est a dare un'occhiata in giro. Dopo tutto c'è la Porta Laterale, e anche i draghi debbono pur dormire qualche volta, suppongo. Se ve ne starete seduti sulla soglia abbastanza a lungo, oso dire che vi verrà in mente qualcosa. Per ora, a me viene in mente che abbiamo parlato abbastanza per una notte sola, non so se mi spiego. Che ne pensate di un letto, e di partire di buon'ora e compagnia bella? Vi preparerò una buona colazione prima che partiate.»

«Prima che partiamo, vuoi dire» disse Thorin. «Non sei tu lo scassinatore? Quanto allo star seduti sulla soglia, mi pare che questo sia compito tuo, per non parlare del fatto di aprire la porta ed entrare! Ma sono d'accordo per quanto riguarda il letto e la colazione. Prendo volentieri sei uova col prosciutto, quando mi metto in viaggio: fritte, non in camicia, bada a non romperle.»

Dopo che tutti gli altri ebbero ordinato la loro colazione senza dire neanche una volta «per piacere» (cosa che a Bilbo seccò moltissimo), si alzarono. Lo Hobbit dovette trovare posto per tutti, riempì tutte le camere disponibili, preparò i letti su sedie e divani, e finalmente, dopo averli sistemati, poté andare a dormire nel suo lettino, molto stanco e nel complesso assai poco felice. L'unica decisione che prese fu di non disturbarsi ad alzarsi molto presto per preparare la dannata colazione a tutti gli altri. Il suo lato Tuc si stava rapidamente squagliando, e Bilbo non era più tanto sicuro che al mattino sarebbe partito per un viaggio, di qualsiasi tipo fosse.

Mentre giaceva a letto poteva udire Thorin che cantava ancora piano, tra sé e sé, nella migliore camera da letto accanto alla sua:

 

Lontan sui monti fumidi e gelati

in antri fondi, oscuri, desolati,

prima che sorga il sol dobbiamo andare

i pallidi a cercar ori incantati.

 

Bilbo si addormentò con questo canto nelle orecchie che provocò sogni molto agitati. Era giorno alto quando si svegliò.

 


CAPITOLO II

Abbacchio arrosto

 

Bilbo saltò su, e mettendosi la vestaglia andò in sala da pranzo. Non ci trovò nessuno, ma ben visibili erano i segni di una colazione abbondante e frettolosa. C'era un disordine spaventoso nella stanza, e pile di vasellame da lavare in cucina. Sembrava che fossero state adoperate quasi tutte le pentole e le casseruole che possedeva. I piatti da lavare erano così malinconicamente reali, che Bilbo fu costretto a convincersi che la riunione della notte precedente non aveva fatto parte dei suoi incubi, come sperava vagamente. Si sentì realmente sollevato pensando che, dopo tutto, se ne erano andati senza di lui, e senza darsi disturbo di svegliarlo ('ma senza neppure dire grazie' pensò); eppure in certo qual modo non poteva fare a meno di provare una certa delusione. Questa sensazione lo sorprese.

'Non essere pazzo, Bilbo Baggins!' si disse. 'Pensare ai draghi e a tutte quelle bizzarre assurdità all'età tua!' Così si mise un grembiule, accese i fornelli, scaldò l'acqua e lavò i piatti. Poi si fece una bella colazioncina in cucina prima di avviarsi verso la sala da pranzo. A questo punto il sole splendeva, e la porta d'ingresso era aperta, facendo entrare una tiepida brezza primaverile. Bilbo cominciò a fischiettare forte e a dimenticare quanto era accaduto la notte precedente. Stava infatti per mettersi davanti a una seconda bella colazioncina, in sala da pranzo, accanto alla finestra aperta, quando entrò Gandalf.


Date: 2015-12-17; view: 1338


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