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Marco e Mirko, il diavolo e la signora De Magistris

 

Marco e Mirko, come ho già detto una volta (dopo non lo dirò più) sono due fratelli gemelli, uguali in tutto e per tutto. Ma è facile distinguerli, perché Marco porta sempre con sé il suo martello dal manico bianco e Mirko il suo martello dal manico nero. I loro genitori, invece, si distinguono perché il padre, signor Arturo, ha un negozio di elettrodomestici mentre al contrario la madre, signora Emenda, ha un negozio di cappellini per signora. Chiaro?

Marco e Mirko sono soli in casa e stanno facendo il compito. “Tema, — dice il compito, — parlate del diavolo”.

Dopo aver scritto “Svolgimento”, i due fratelli si consultano:

— E adesso, che cosa diciamo del diavolo?

— Diciamo che è scemo, — suggerisce Mirko.

— Io ci sto, — approva Marco. — Però bisogna dire perché.

— Il diavolo è scemo, — dice Mirko, — perché fa le pentole, ma non i coperchi.

Mentre scrivono questa importante proposizione, senza trascurare di mettere l'accento sulla parola “perché”, arriva un rumorino dalla parte della cucina. Si sente come uno che picchia col martello su un pezzo di latta: Toc, toc, tic. Vanno in ricognizione: è il diavolo che sta facendo un lavoretto.

— Ora vi faccio vedere io, — dice il diavolo. — Ho fatto quella pentola li e adesso le faccio il suo coperchio. Così la finirete di scrivere stupidaggini.

È un diavoletto non tanto grande, ma molto arrabbiato. Lo si può capire dalle corna che fumano e dalla coda che sbatte per terra con violenza.

— Secondo me, — osserva Marco, — ci vuole un coperchio del diciotto.

— Anche secondo me, — dice Mirko. — Perciò, diciotto più diciotto, ci vuole un coperchio del trentasei.

— Non cercate di confondermi le idee, — dice il diavolo. — Su questa pentola ci va il coperchio che mi pare e piace. E quando l'avrò finito, vi ficco nella pentola, ci metto su il coperchio e vi faccio bollire.

— Impossibile, — dice Mirko.

— Già, — dice Marco. — Oggi c'è lo sciopero del gas. Niente bollire.

— Io me ne infischio dello sciopero, — dice il diavolo, — se voglio del fuoco, me lo faccio da me.

— Ma allora è anche un crumiro, — concludono con un'occhiata i due gemelli, scandalizzati.

— Ecco fatto, — dice il diavolo. — Pentola e coperchio. Alla faccia dei vecchi proverbi.

— Sentiamo, — dice Marco. E lancia il suo martello contro il coperchio, che fa “Deng! “ e schizza nel lavandino.

— Doveva fare “Dang! “, non “Deng! “ — critica Mirko. — Si vede che ha usato materiale scadente. Sentiamo un po' la pentola.

Il martello di Mirko vola a colpire la pentola, che fa “Dong! “ e schizza nel secchio delle immondizie.

— Tutto sbagliato, — dice Marco. — Ha fatto “Dong! “ Roba da matti. Non ci lasceremo mai bollire in una pentola così fasulla e sofisticata.

— È quello che vedremo, — annuncia il diavolo, raccogliendo gli oggetti smarriti.



— Che cosa vedremo? — domanda Mirko.

Intanto i due martelli, dopo aver fatto il loro dovere, tornano di corsa nelle mani dei due gemelli, perché sono martelli ammaestrati: per loro imitare il boomerang è uno scherzo per il tempo libero.

— Vedremo quanto ci metterete a cuocere, — dice il diavolo. E subito dopo si accorge di aver detto una bugia, da vero padre della menzogna, perché vede invece le stelle, a causa dei due martelli che gli picchiettano le corna come se ci si dovessero scavare il nido.

— Ahio! — strilla il diavolo.

— Ben detto, — approvano Marco e Mirko.

— Non vale! — protesta il diavolo. — Dovevate tremare verga a verga, buttarvi in ginocchio a chiedere perdono, versando lacrime amare. E finitela un po' con questi martelli, che mi sta venendo il mal di testa. Ahioooooo!

— Ti arrendi? — Mi arrendo.

— Come ti chiami?

— Osvaldo.

— Allora torna all'inferno e starai al caldo.

Il diavolo si vergogna molto, batte un piede per terra e scompare. Per ultimo si vede una nuvoletta che s'infila tra due mattonelle, svelta come un centogambe quando scappa inseguito da una scopa. Si presenta al comando della sua legione e fa il suo rapporto: — Così e così, i gemelli Marco e Mirko non hanno alcun rispetto per il diavolo.

Il comandante va su tutte le furie. Ha proprio un diavolo per capello: se ne strappa uno e gli ordina di tornare in terra, via Tale, numero Tot, per dare una lezione a quei due monellacci.

Essi stanno ancora facendo il compito.

— Cosa scriviamo, adesso? — domanda Mirko.

— La pura verità, — dice Marco, — quello che abbiamo visto: che il diavolo ha i calzoni a quadretti.

Non fanno in tempo a scrivere questa storica proposizione che si sente bussare alla porta. Toc-toc.

— Chi è?

— Sono il diavolo.

— Quello di prima o un altro?

Per tutta risposta il diavolo entra dal buco della serratura, con un sibilo. Prima è sottile come un capello, ma appena tocca terra diventa un cane lupo con le orecchie che fumano e, dopo aver abbaiato un paio di volte, diventa un gufo con gli occhi di fuoco. Va ad appendersi al lampadario: tutte le lampade si spengono e restano accesi solo gli occhi.

— E dopo? — domandano Marco e Mirko.

— Non vi siete spaventati?

— No, perché non hai fatto: bu-bu, set te te!

Il gufo salta giù sul pavimento e diventa un Dracula, con i dentoni aguzzi che sprizzano scintille.

— Vi siete presi paura?

— Neanche un po'. Ti sei di nuovo scordato di fare: bu-bu set te te! E avevamo appena finito di dirtelo. Hai i denti lunghi, ma la memoria corta.

— Poche storie, — annuncia il diavolo. — Adesso vi metto nel mio sacco e vi porto con me.

— Ma nemmeno per sogno, — dice Marco. — La mamma non vuole che usciamo di casa, e noi siamo bambini obbedienti.

— Perciò, adesso, — conclude Marco, — ti spacchiamo i denti.

I martelli partono a tutta velocità nella direzione giusta e le zanne di Dracula vanno in cento pezzi, che cadono sulle mattonelle e fanno “ding! ding! “, poi si sciolgono con un leggero sfrigolio di burro in padella. Il diavolo si trasforma in una mosca e va a posarsi sul vetro di una finestra.

— Qui non potete farmi niente, — dice. — Non vorrete mica rompere i vetri a martellate, no?

— Il fratello di papà fa il vetraio, — comunica Marco.

— E ci rimette i vetri gratis, — precisa Mirko.

— Uno zio vetraio?! Questo è troppo! — strilla il diavolo. Batte una zampina sul vetro e scompare, lasciando un segnino nero, proprio una cacarellina di mosca e niente più.

Quando si presenta alla legione a fare il rapporto, il comandante fa il diavolo a quattro.

— Siete tutti dei mangiafuoco a tradimento! — urla, soffiando fumo dalle narici e dalle unghie. — Adesso vado su io e vi faccio vedere, deficienti!

Marco e Mirko stanno sempre facendo il compito. Essi scrivono sui loro quaderni (con la mano sinistra, perché con la destra debbono tenere i martelli): — Il diavolo ha molta paura dei bambini.

Il diavolo comandante la legione compare direttamente sui quaderni, sottoforma di disegnino. Uno strano disegnino, che strizza l'occhio, manda odor di zolfo e produce un fischio assordante. Poi esce dal disegnino ed è un diavolone alto tre metri, largo come un sofà, che con una mano acchiappa Mirko, con l'altra Marco e gli resta ancora la coda per privarli dei martelli.

— Maleducato, — dicono a turno i due gemelli. — Non si entra in casa degli altri senza chiedere permesso. Lo diremo al nostro papà.

Il diavolone se li tiene sollevati davanti al naso per osservarli a suo agio.

— Ha gli occhi arrossati, — dice Marco, — un po' di collirio non le farebbe male.

— Se vuole, — ribadisce Mirko, — posso consigliarle un buon deodorante. Ma forse basterebbe che si facesse la doccia più spesso. Puzza di bruciaticcio, sa?


 

 

 


Il diavolone sghignazza: — Blà, blà, blà, sentiremo se avrete ancora dei consigli da darmi quando vi avrò arrostiti a fuoco lento.

In quel momento si sente un rumore di chiave nella serratura. La porta si spalanca e una voce cavernosa fa: — Bù, bù, settete.

Il diavolone si spaventa e lascia cadere Marco, Mirko e i due martelli.

Chi è, chi non è? È la signora De Magistris, una premurosa vicina di casa alla quale i genitori di Marco e Mirko, quando si assentano, raccomandano i loro tesori. Viene a controllare se non hanno bisogno di niente, se non hanno rotto troppi piatti, se non hanno demolito qualche armadio a muro.

La signora De Magistris vede il diavolo nascosto dietro il sofà e corre a prendere la scopa: — Chi è lei? Esca di lì, immediatamente.

Il diavolo, quando vede la scopa, si rallegra tutto, pensando che la signora De Magistris sia una strega. Esce fuori all'aperto e cerca di recuperare il terreno perduto, ma i due martelli non gliene danno il modo: quello col manico bianco pesta sulla coda, quello col manico nero pesta sulle corna, senza misericordia.

— Signora, — prega il diavolo, tra una smorfia e l'altra, — li faccia star fermi una buona volta!

— Su, su, — dice la signora De Magistris, — lasciate in pace questo povero diavolo. Vedo che non ha cattive intenzioni. Non bisogna trattare a questo modo i poveretti che chiedono l'elemosina, bensì dare loro gli avanzi di cucina e magari un soldo falso, perché si possano fare qualche illusione.

— Brava signora, — dice il diavolo, — ben detto.

Marco e Mirko gli concedono una tregua, della quale il diavolo approfitta per scomparire. La signora De Magistris non se ne accorge nemmeno, perché è andata in cucina in cerca di reliquie. Essa torna con un piatto di polmone tritato, che sarebbe la pappa del gatto, ma non ha trovato altro.

— Se n'è andato? L'avete fatto scappare? A me pareva un buon diavolo. Be', pazienza. Venite qui che adesso, per farvi passare lo spavento, vi racconto la storia di Cappuccetto Rosso.

Marco e Mirko impallidiscono. Un fremito di orrore li attraversa come una scossa elettrica.

— No, — si ribellano. — Per favore, no! Non Cappuccetto Rosso!

— Ma perché? — fa la signora De Magistris. — È una storia così bellina. A me piaceva tanto, quand'ero piccola. Dunque: C'era una volta una bella bambina...

Marco e Mirko si stringono l'uno all'altro per farsi coraggio. È la centesima volta che ascoltano la storia di Cappuccetto Rosso, ma ogni volta è come la prima. Anzi, peggio. Perché la prima volta non sapevano che a un certo punto sarebbe entrato in scena il lupo cattivo... Adesso lo sanno... Sanno precisamente in che punto farà la sua terrificante apparizione... Si spaventano solo al pensiero. Tremano nell'attesa. Insomma, hanno una fifa del diavolo.

La signora De Magistris procede inesorabile. Ecco che Cappuccetto saluta la mamma... Si avvia saltellando... Entra nel bosco nero... Ecco che da un cespuglio... Ci siamo: è il lupo cattivo. Marco e Mirko si nascondono sotto il sofà, battendo i denti e implorando pietà. Essi si abbracciano stretti stretti e trattengono il respiro. I loro martelli giacciono al suolo come oggetti dimenticati ai margini della storia.

— Basta! Basta! — implorano.

Ma la signora De Magistris non li sente, perché ascolta solo la propria voce; e non li vede, perché sta portando avanti alacremente il suo lavoro all'uncinetto. È così che la trovano il signor Augusto e la signora Emenda, rincasando dopo un'intensa giornata di tratte e cambiali. Sulle prime essi non vedono i figlioletti, ma solo le loro scarpe: il resto sta nascosto sotto il sofà...

— Che cari diavoletti! — dice con tenerezza la signora Emenda.

— Venite fuori, fifoni! — esclama festosamente il signor Augusto.

Marco e Mirko si precipitano. Sono in salvo, saldamente aggrappati alla minigonna della mamma, che sorride tutta e dice: — Ecco i miei martelli!

 



Date: 2015-12-11; view: 1119


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