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Il mondo in scatola

 

La famiglia Zerbini, che ha fatto pic-nic sui monti della Tolfa, si prepara a rientrare in città, via Civitavecchia. Il signor Zerbini, che è amante della natura e dell'ordine, raccomanda agli altri Zerbini (la moglie Ottavia, i figli Angelo e Piero, la figlia Rosella col fidanzato Pierluigi) di non lasciare in giro cartacce: — Sistematele per benino. Non tutte in un mucchio, come al solito. Guardate in quel cespuglio: non ci avete messo nemmeno un bicchiere di carta. Su, su, che ogni albero abbia la sua parte. Non facciamo parzialità. I tovaglioli sporchi lì, sotto quella quercia. Le bottiglie vuote sotto quel castagno. Così: oh, che bello!

Le bottiglie vuote sono tre: una di birra, una d'aranciata e la terza d'acqua minerale. Ai piedi del castagno fanno un delizioso gruppetto. Angelo e Piero vorrebbero farci un po' di tiro a segno con le pietre, ma purtroppo non c'è tempo: bisogna infilarsi nella macchina senza dimenticare la radiolina, salutare i boschi con un gaio strombettio e ripartire per l'Urbe.

Si va, si va. Quando stanno a metà della discesa di Allumiere, i figli Angelo e Piero, appostati dietro il lunotto posteriore per fare le boccacce agli automobilisti del seguito, notano che il vuoto a perdere della birra non si è per nulla perduto, ma trotterella abilmente sull'asfalto, a pochi centimetri dal paraurti.

— Guarda, papà, — esclamano fraternamente i due fratelli, — la bottiglia della birra ci viene dietro.

— Guardo io, — dice la signora Ottavia al marito. — Tu pensa a guidare.

Essa guarda e vede che il vuoto dell'aranciata e quello dell'acqua minerale si sono uniti a quello della birra per formare un terzetto saltellante e ballonzolante, più che altro intenzionato a non perdere il contatto.

— Proprio come tre cagnolini, — osserva la signorina Rosella, con l'approvazione del fidanzato.

— Dai, papà, esortano Angelo e Piero, — accelera, così li stacchiamo.

Ma il signor Zerbini non può accelerare, perché davanti alla sua macchina ce n'è un'altra, e anche dietro questa macchina corre ticchettando sul suolo stradale una bottiglia di birra. Non sola, però, bensì in compagnia di una scatola di carne in scatola e una di pesche sciroppate. Vuote, si capisce. E anche dietro la superiore cilindrata che in questo momento sorpassa la modesta utilitaria Zerbini, con uno sbuffo di disprezzo, saltarellano in corsa, zompano e rotolano, rimbalzano e ruzzolano alcuni vuoti, tra i quali una bottiglia di Girò, tre gazose, due scatole di sardine, un vasetto di caviale, una dozzina di piatti di carta plastificata, eccetera. Questi oggetti producono una discreta fanfara, un concertino di strumenti a percussione più che apprezzabile.

— Vedete bene, — conclude il signor Zerbini, — che succede a tutti. Una gomma a terra sarebbe stato molto peggio.


 

 


Procede ormai, sulla via Aurelia, un lungo corteo di macchine, ciascuna con la sua coda di vuoti di vetro, di latta, di plastica; ogni oggetto col suo particolare ticchettio, col suo ritmo personale, procedendo a piccolissimi passi o a grandi balzi, con forti sbandate in curva. Nell'insieme, uno spettacolo che mette allegria. Il signor Zerbini si ricorda che da ragazzo ha suonato i piatti nella “banda del fracasso”, la stessa in cui suo zio, prima di lui, aveva suonato il secchio della spazzatura e il tubo della stufa. Angelo e Piero, adesso, raccomandano al padre di rallentare per vedersi sorpassare da veloci fuoriserie seguite da fiaschi impagliati, elegantissimi nella corsa, candide taniche da cinque e da dieci litri e ogni altro tipo di recipienti degni di osservazione.



Qualche complicazione all'arrivo, sulla soglia dell'ascensore. Le tre bottiglie vuote di pertinenza della famiglia Zerbini si infilano per prime nella cabina, senza cedere il passo alla signora Ottavia; non stanno ferme un secondo, pestano i piedi ai ragazzini, strappano il collant di Rosella, infastidiscono il giovane Pierluigi frugando nel risvolto dei di lui pantaloni. Ormai è chiaro che i vuoti non si ritengono soddisfatti della passeggiata. Entrano in casa, scorazzano per il corridoio, saltano sui letti.

La bottiglia della birra si corica sotto il cuscino del signor Zerbini. Quella dell'aranciata s'infila sotto lo scendiletto della signora Ottavia. Quella dell'acqua minerale si sdraia nel bidet. Tutti i gusti sono gusti.

I bambini ci si divertono. Gli adulti un po' meno. Rosella viene in parte consolata dalla telefonata della buona notte del suo Pierluigi, che le racconta: — Sai? Nel mio letto c'è un barattolo vuoto di pomodori pelati. E pensare che io la pasta la mangio sempre in bianco.

Del resto scatole e bottiglie, a quanto pare, si addormentano presto. Dormono senza sparar calci, sognano senza russare. Insomma, là, non danno nessun fastidio. La mattina vanno in bagno prima degli altri e lasciano ogni cosa in ordine. Grandi e piccoli escono: chi va il a scuola, chi a bottega; la signora Ottavia al mercato. I vuoti restano a casa. Sono quattro, adesso, perché dalla pattumiera è saltata fuori una latta di caffè macinato, ancora con la sua etichetta, e si sta facendo le pulizie nel lavello. Fa pure un gran fracasso, ma niente cocci.

“Ad ogni buon conto, — pensa la signora Ottavia, — oggi non devo comprare scatolame nuovo”.

Per la strada, ogni tanto, incontra un vuoto che va per gli affari suoi, stando bene attento ad attraversare col verde. Si vede un signore che ficca una scatola di cartone, di quelle per le scarpe, nel cestino comunale appeso a un lampione, ad altezza giusta. Appena il signore si volta, la scatola salta giù e — toc toc toc — gli si mette alle calcagna. Si sentono respiri di sollievo. Meno male: non ci sono privilegi per nessuno.

All'ora di pranzo, in casa Zerbini, le tre bottiglie e il barattolo del caffè restano sul balcone a prendere aria.

— Ma che intenzioni avranno? — domanda la signora Ottavia.

— Secondo me, per il momento pensano a ingrassare.

— Cosa significa?

— Guarda tu stessa: la bottiglietta della birra è già diventata un boccione da due litri. Da quanto era il barattolo del caffè?

— Da mezzo chilo.

— Ecco. Adesso è da cinque chili, a dir poco.

— Di che cosa si nutrono? — domandano Angelo e Piero, che hanno interessi scientifici.

— Sono dei vuoti: si nutriranno di vuoto, immagino.

I giornali della sera danno ragione al signor Zerbini. Essi riportano una dichiarazione del professor Scatolini, esperto in contenitori, imballaggi e affini, docente di barattologia al politecnico, che dice: — Si tratta di un fenomeno normalissimo. A causa di un effetto che non conosciamo, e perciò chiamiamo “effetto Icchese”, i vuoti stanno manifestando la tendenza a diventare sempre più vuoti. Per essere più vuoti debbono essere più grossi, è chiaro? Sarà molto interessante, ora, vedere se alla fine scoppieranno oppure no.

— Misericordia! — esclama la signora Ottavia, osservando la bottiglia dell'acqua minerale che si è venuta a mettere accanto alla sua sedia per leggere il giornale alle sue spalle. — Se scoppia, romperà lo specchio della credenza!

La bottiglia, dopo cena, è già alta come il frigorifero. Le altre due, più o meno. Il barattolo del caffè è grosso quanto un armadio e riempie mezza la stanza dei bambini, dov'era andato a ficcanasare.

— Il professore, qua, dice che il fenomeno è normalissimo, — spiega il signor Zerbini. — Non è un fenomeno fenomenale, capisci? Eh, ma tu proprio non te ne intendi di fenomenologia.

— Non me ne intendo no, — ribatte la signora Ottavia. — E tu che te ne intendi, dimmi dove andiamo a dormire stasera.

In così dire, la signora Ottavia conduce suo marito a constatare che il loro letto è già occupato dalla bottiglia dell'aranciata e da quella della birra: due belle montagnole gonfiano le coperte, due colli senza testa, cioè, senza tappo, riposano gentilmente sui cuscini.

— Poco male, poco male, — fa il capofamiglia, — dove c'è posto per due, c'è posto per quattro. Non dobbiamo poi essere tanto egoisti.

Nel giro di una settimana il barattolo del caffè è diventato tanto grosso che occupa quasi intera la stanza dei bambini. Non resta che sistemare i letti nella scatola, con i loro bei comodini. Angelo e Piero ci si divertono un bel po' e giocano a fare i fagioli in scatola. Nella stanza di Rosella è cresciuto un tubo di crema antiacne che può contenere divano-letto, specchiera, la raccolta dei “Maestri del colore”, tre vasetti di piante grasse, il manifesto dei Beatles, il giradischi, le pantofoline orientali che il fidanzato le ha portato da Sarajevo, il cestone in cui la fanciulla conserva le sue bambole e, quando c'è, il gatto. Il bottiglione dell'acqua minerale, in cucina, ha avuto il buonsenso di crescere in lunghezza, fuori della finestra, da cui sporge ora come una bocca di cannone. Da molte finestre del vicinato sporgono molti altri cannoni di vetro, per cui nessuno si meraviglia.

Nel letto dei signori Zerbini le bottiglie che lo hanno occupato crescono in posizione orizzontale, senza dare il minimo disturbo nel senso del movimento. La cosa ha i suoi vantaggi: per coricarsi i due ottimi coniugi non hanno che da infilarsi dentro le bottiglie. La signora in quella dell'aranciata, perché non può soffrire l'odore della birra. È bello vederli dormire in bottiglia, come tranquilli velieri fabbricati da vecchi lupi di mare o, con infinita pazienza, da solitari ergastolani. Cioè, sarebbe bello vederli, ma non si vedono perché la luce è spenta.

In tutte le case della città succede lo stesso. La gente impara rapidamente a entrare e uscire dalle bottiglie, dai vasetti della marmellata, dalle scatole di surgelati. Gli avvocati ricevono i clienti stando seduti dentro una scatola da scarpe o un cofanetto da libri. Ogni famiglia ha i suoi vuoti, ogni vuoto la sua famiglia. Vivere in scatola non presenta inconvenienti.

I contenitori che non trovano posto in un appartamento, data la penuria di alloggi, si sistemano nelle piazze, nelle strade, nei giardini, sulle colline dei dintorni. Una scatola di filetti di sgombro contiene adesso il monumento a Garibaldi. Il coperchio, regolarmente arrotolato intorno all'apriscatole incorporato, ostacola un po' il traffico, ma il Comune, sempre premuroso, ci ha fatto costruire sopra un delizioso ponticello di legno, su cui le macchine si arrampicano agevolmente. Rosella e il suo fidanzato s'incontrano, adesso, in un barattolo di funghi sott'olio, che contiene una panchina verde. Per sognare, tutti i posti sono buoni. L'odore dei funghi non è disgustoso.

Ma chi ce lo fa fare, ormai, di occuparci delle piccole vicende della famiglia Zerbini, così uguali a quelle di altre centomila famiglie? Ben altri traguardi si sta ponendo il potere delle scatole. Una mattina uno scatolone della pasta Mambretti (“Se non sono Mambretti non sembrano neanche spaghetti”) inghiotte il Colosseo in un solo boccone. Nel pomeriggio dello stesso giorno la cupola di San Pietro scompare in un cilindro di latta sul quale si legge a occhio nudo, da grande distanza: “Confettura”. I giornali dicono che alla Clinica Santa Liberata la signora Settimia Zerbotti ha dato alla luce due gemelli in scatola: il marito, per la felicità, le ha regalato un apriscatole d'oro. La televisione trasmette in diretta l'inscatolamento del Cervino, della torre Eiffel e del castello di Windsor. Bravissimo come sempre, nel commento, Tito Stagno.

Intanto un astronomo dell'osservatorio di Bochum, in Germania, e un suo collega del monte Palomar, in America, si scambiano in codice notizie su un singolare oggetto che dai lontani spazi sembra muovere in direzione del pianeta Terra.

— Una cometa, professor Box?

— Non direi, professor Schachtelmacher. Non ha coda.

— Già. Ha una forma stranissima... Somiglia a...

— A che cosa, professor Schachtelmacher?

— Be', ecco, professor Box: a una scatola... uno scatolone...

— Una superscatola, sì. Grossa abbastanza per inscatolare insieme la Terra e la Luna... Mah !

— A proposito, ha ricevuto la scatola di sigari che le ho mandato?

— Sì, grazie. Ci si dorme molto comodamente. E lei ha avuto il mio vasetto di gamberetti?

— Come no? Ci tengo la libreria e l'impianto stereofonico.

— Allora buonanotte, professor Schachtelmacher.

— Buona notte, professor Box.

 



Date: 2015-12-11; view: 1425


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