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Il motociclista innamorato

 

Il commendator Mambretti, proprietario di una fabbrica di accessori per cavatappi a Carpi, in provincia di Modena, ha un figlio di nome Eliso, che ha diciotto anni. Egli veste sempre un giaccone pesante impermeabile con imbottitura interna trapuntata, ma sotto indossa una tuta bicolore divisibile in vita con cerniera, e in testa porta un casco integrale con calotta in fibre, acustica perfetta, visiera intercambiabile. Insomma, un vero e proprio motociclista.

Una mattina Eliso si presenta in ditta dal suo commendator padre e dice: — papà, mi voglio sposare.

Il commendator Mambretti dice: — Meno male che ti viene voglia di fare qualcosa. Sei alto un metro e novantuno, pesi ottantasette chili, non hai finito il liceo, gli accessori per cavatappi non t'interessano, hai speso più tu in stivali da motocross che io in quadri del maestro Annigoni... Sentiamo. È bionda o bruna? — È rossa, — risponde Eliso. Il commendator Mambretti riflette.

— Rossa, — fa. — Proprio un bel colorino adatto per il figlio di un industriale. Sento già le risate della commissione interna.

— Se vuoi, posso verniciarla di bianco, — dice Eliso, per fargli piacere.

Il commendator Mambretti riflette ancora un po'. Eliso ne approfitta per aggiungere altri particolari: — È giapponese.

— Ah, benone! Anche straniera. Non ci siamo, figliolo: mogli e buoi dei paesi tuoi. Nome?

— Io la chiamo Micia.

— Ma sì, imparentiamoci con i gatti.

— Non è una gatta, è una motocicletta. Voglio sposare la mia moto Settecentocinquanta.

Il commendator Mambretti sospira: — Figlio mio, io non ti ho mai negato nulla; sono qui per fare la tua felicità. Ma non pensi al nostro decoro? Nel campo degli accessori per cavatappi siamo i primi nella Valle Padana e i secondi in Europa, a pari merito con i Krupp di Solingen. E tu vai a sceglierti una moglie nelle classi inferiori. Tua madre ne morirà di crepacuore. Lei voleva darti la Susi, figlia della Ditta Mambrini, che produce colletti per colli di bottiglia. Quella sì che sarebbe una moglie per te e la consolazione della mia vecchiaia.

— Non ha neanche lo specchietto retrovisore...

— Sì, che ce l'ha: lo tiene nella borsetta, gliel'ho visto io. Ma se non ti piace, come non detto. Ci sarebbe anche la Foffi, figlia della Ditta Mambroni, che produce accessori per cani da guardia.

— Ma ce l'ha l'accensione elettronica? — domanda Eliso.


 

 

 


— Naturale, l'adopera per accendersi le sigarette. Ma se non ti piace, amen. E la Bambi, figlia della Ditta Mambrinelli, che produce coperchi per le pentole e pentole per i coperchi, eh?

— No, quella no. So di sicuro che non ha le candele con l'elettrodo di rame. Non la voglio. Voglio la mia Micia col cambio a sinistra.

— A sinistra, — s'infuria il commendator Mambretti. — A sinistra! A te ti ha proprio rovinato il “Paese Sera”. Basta così. Questo matrimonio non s'ha da fare. Passo e chiudo. E da oggi le centomila alla settimana per i piccoli svaghi, le saluti tanto.



Eliso impallidisce. Vorrebbe rispondere qualche cosa, ma in lingua italiana è sempre stato debole e non ha sottomano un vocabolario. Perciò si alza e se ne va.

Cammina e cammina, va in garage e tira fuori la sua Micia, la fa partire con l'accensione elettronica, attraversa rombando paesi e città, tutti si fanno da parte, i ragazzini accorrono a vedere. Eliso si sente forte, potente, invidiato, vendicato, invincibile; se la sentirebbe di vincere anche il Gran Premio di Monza e Gorgonzola, di farsi applaudire da un milione di persone, di far perdere la testa a cinquecentomila ragazze svedesi; vede già la sua fotografia sulla rivista “Due cilindri o tre? “, e ogni tanto grida: — Abbasso gli accessori per cavatappi!

Quando la Micia si ferma vuol dire che è finita la benzina. Quando si ferma del tutto vuol dire che sono finiti i soldi. Ma Eliso non si scoraggia. Per mantenere la sua Micia lava i piatti nei ristoranti, si dedica alla raccolta delle pelli di coniglio, fa il sollevatore di pesi nelle fiere, il custode al Museo del Triciclo, cento mestieri. A casa non vuol tornare mai più.

La Micia sembra contenta di questa nuova vita e da molte prove di buona volontà. Raggiunge i centocinquanta all'ora in quattrocento metri, prende le curve paraboliche a duecento; è così scrupolosa che si fa comprare la testina magnetica per misurarsi le vibrazioni. Ogni tanto, si sa, qualche capriccetto: tutte le mogli ne hanno, no? La Micia fa la brava una settimana intera per farsi regalare un megafono che ingrandisce il rumore della marmitta. E anche Eliso è contento di questa invenzione, perché così quando accelera lo sentono fino in Svizzera e in Ungheria.

Col tempo la Micia prende gusto alle trasformazioni. Prima vuole il serbatoio a colori psichedelici, poi chiede la forcella a levette oscillanti inferiori, coi molloni davanti al cannotto di sterzo, poi pretende il manubrio ad angoli retti e il supporto per lo specchietto retrovisore dev'essere in ferro battuto, attorcigliato in forma di candelabro del Seicento.

Eliso protesta timidamente: — Micia, guarda che non sono mica tanto d'accordo. Una moto seria non va in giro col fanalino posteriore a forma di orchidea.

La Micia, per tutta risposta, pretende il tubo di scarico a canna d'organo e si fa attaccare un tromboncino sotto la sella. Poi neanche la sella le va più bene; la cambia tutti i giorni. Va a finire che al posto della sella vuole una poltrona da dentista.

— Ma costa un occhio della testa! — esclama Eliso con le lacrime agli occhi. — Mi toccherà di lavorare anche di notte, come il piccolo scrivano fiorentino, per comprartela... Senza contare che di questo passo tu non sei più la mia bambina, come dice la canzone: tu mi diventi un... quasi mi vergogno a dirlo... Diventi un chopper.

La Micia, zitta. Non le va di discutere. Eliso compra la poltrona da dentista a rate e per pagare le rate lavora venti ore al giorno: fa lo spazzacamino, l'arrotino, il maniscalco, il fisico atomico, il venditore di pedalini, cento mestieri. Lavorando a quella maniera è costretto a trascurare la Micia, le fa poca compagnia, la porta a spasso di rado, al cinema mai. La Micia, furba, non parla, non da a vedere di essere poco soddisfatta di quell'esistenza, che per una moto giovane come lei dev'essere più noiosetta che altro. Magari pensa che le si arrugginiscono i cavalli e il freno anteriore a disco con comando idraulico; ma se lo pensa non lo dice, se lo dice nessuno la sente, se qualcuno la sente non lo va a riferire.

Intanto però una sera Eliso viene a casa e Micia non c'è. Non c'è più. Ha lasciato lì una frizione automatica, si vede che se l'è cambiata, ed è scappata con un ladro di chopper che si era preso compassione di lei vedendola così sola e abbandonata.

— Torna a casa, Micia! — piange Eliso, accarezzando teneramente la frizione automatica. Ma la Micia è già a Monticelli d'Ongina, è già a Massalombarda, è già a Falconara Marittima con il suo bel ladro, chi sa dov'è.

Eliso parte alla sua ricerca, a piedi, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto sporco per vedere bene la strada e i dintorni. Fa l'autostop sull'autostrada, prende autobus, autotreni, autocisterne, autofurgoni.

Di notte dorme sotto i viadotti, tra i cespugli spartitraffico, o appoggiato a un guard-rail. È sempre più triste. Pesa soltanto settantacinque chili, ma di statura non è diminuito.

Così adesso sulle strade sono in tanti a cercare. C'è Eliso che cerca la Micia. E ci sono gli agenti segreti del commendator Mambretti che cercano Eliso. Difatti, il commendator Mambretti non si è mai dato pace per la fuga del suo amato figliolo, anche perché sua moglie, la signora Osvaldina, gli ha fatto la testa così a furia di rimproveri: — Potevi ben lasciargli sposare chi voleva; ti pare che al giorno d'oggi una moto giapponese non è una moglie buona come qualsiasi altra? Tutto per il tuo orgoglio di fabbricante di accessori per cavatappi. Non ti ricordi più che tuo padre ti voleva far sposare la Ditta Mambrucci, produttrice di deodoranti per gatti e affini, e me non mi voleva, perché figlia di semplici latifondisti?

Il signor Mambretti, che in segreto è anche proprietario di un'agenzia di agenti segreti, fa cercare Eliso per mare e per terra, con tutti i mezzi di comunicazione e di trasporto. Per mesi e mesi gli agenti gli mandano rapporti senza sugo, per telegrafo, per posta e per motociclisti a mano: “Eliso segnalato a Bordighera travestito da pensionato delle Ferrovie stop Nota motocicletta camuffata da piantagione di garofani” — “Tracce di moto giapponese su Monte Bianco stop Seguono particolari”. E poi i “particolari” consistono in una cartolina illustrata con una freccia che dovrebbe indicare le supposte tracce e invece indica un ghiacciaio, dall'aspetto tutt'altro che motociclistico.

Il commendator Mambretti risponde a quei messaggi con minacce di fuoco e fiamma: “Se non trovate mio figlio vi mando in esilio nel Portogallo stop Smettetela di cercarlo dove non sta. Cercatelo dove si trova furbacchioni stop Cordiali saluti da X 15,75”.

“X 15,75 “ è il nome segreto del commendator Mambretti per queste circostanze.

Finalmente l'agente Kappa Zero — un ragioniere di Bagnacavallo con la passione dello spionaggio — ha un'idea che vale il doppio: si traveste da cartellone pubblicitario di una marca di tubi paragambe e paracolpi e si mette sull'Autostrada del Sole, tra Orvieto e Bomarzo, in attesa degli eventi. Succede che Eliso passa proprio di lì, a bordo di una fuoriserie guidata da un frate cappuccino, vede il manifesto e subito esclama: — Padre, scendo qui. Grazie del passaggio e arrivederci moltissimo.

Il frate fa una frenata a caldo in quarantadue metri e venticinque centimetri. Eliso salta giù e corre a contemplare i tubi paragambe e paracolpi, che sono la sua passione. L'agente Kappa Zero lo riconosce e comincia a parlargli del babbo che piange, della mamma che prega, della signorina Susi Mambrini che lo aspetta, della signorina Foffi Mambroni che lo pensa, della signorina Bambi Mambrinelli che lo sogna la notte.

— E come mi sogna? — domanda Eliso.

— Vestito da angelo, — risponde l'agente Kappa Zero.

— Non mi va, — dice Eliso, — avrei preferito che mi sognasse con la pancera in pelle di daino, l'amica del motociclista, che aderisce gradevolmente sulla pelle preservando l'addome dai colpi d'aria, mantiene un piacevole tepore ma non fa sudare e in più non s'arrotola.

— La porto anch'io! — grida con entusiasmo l'agente Kappa Zero. Si sbottona la camicia e dimostra di aver detto il vero. Eliso, causa la pancera, simpatizza con lui. Vanno a bere un té freddo in un grill, facendosi largo tra svariati pullmans di turisti olandesi. Mentre bevono il té, l'agente Kappa Zero fa opera di convinzione.

— Torna la primavera, — dice, — tornano le rondini al nido, torna l'assassino sul luogo del delitto, perché soltanto tu non vuoi tornare?

— È proprio quello che mi domando, — fa Eliso, — ma non so che cosa rispondere. Non è mai stato il mio forte rispondere alle interrogazioni.

— Ami sempre la Micia? — sussurra confidenzialmente Kappa Zero.

Eliso, imitando senza saperlo suo padre, riflette un po'. Poi risponde: — Macché, adesso che ci penso si è trattato di una cotta passeggera. È stato il primo amore che non si scorda mai, ma adesso sono un po' stufo. Quasi quasi torno a casa, a patto che mio padre mi restituisca lo spillatico di centomila alla settimana.

— Te lo aumenta! — comunica l'agente Kappa Zero, che ha pieni poteri. — Te lo porta a centocinquanta.

— Però voglio la Ferrari, — continua Eliso.

— Concessa, — annuncia Kappa Zero, — avrai anche la Stanguellini.

— E poi, — finisce Eliso, — voglio sposare una motocicletta. Non la Micia che mi ha tradito, un'altra.

— Hai la benedizione dei tuoi genitori! — rende noto Kappa Zero. — Tua madre ti accompagnerà in garage e all'altare.

— Allora ci sto, — conclude Eliso.

Si mettono in viaggio sulla macchina dell'agente Kappa Zero, che è una Jaguar travestita da Porsche in incognito.

Strada facendo, per non trascurare il lato culturale, visitano il castello di Francesca da Rimini, la Chiesa di Polenta e l'Esposizione delle calzature di Bologna. E proprio a Bologna, sotto i portici, Eliso si ferma incantato davanti a una vetrina. Kappa Zero, sospettosissimo, cerca di carpirgli il segreto di quell'incantamento. Guarda nel negozio e vede una commessa bruna, alta centosettantadue centimetri senza tacchi, con gli occhi di velluto verde, un sorriso così gentile che soltanto a guardarlo si sentono suonare le campane.

— Bella, — dice Kappa Zero, — proprio bella.

— Vero? — aggiunge Eliso. — Sposo quella lì. O nessun'altra. Ho detto.

Succedono altre domande e risposte e finalmente Kappa Zero capisce che Eliso non si è innamorato della bellissima commessa, ma di una lavatrice esposta in vetrina. Un miracolo della tecnica elettrodomestica. La perfezione disegnata da un grande artista. La Miss Universo delle lavatrici.

Eliso non si muove dalla vetrina, non vuole più fare un passo. L'agente Kappa Zero è costretto a far uso della sua radio ricetrasmittente che tiene in bocca, incorporata in un dente falso. Con quella avverte il commendator Mambretti e un'ora dopo eccoli lì, il commendator Mambretti e la signora Osvaldina. Lui non è del tutto felice di quel progetto matrimoniale, ma la signora è ai sette cieli. — Ma pensa! Avere una lavatrice per nuora! Sarò la prima in tutta la provincia di Modena. E poi sarà tanto comodo, per il bucato.

Insomma, chiedono la mano della lavatrice. Lei non dice di no; chi tace acconsente. Eliso la sposa e vivono felici e contenti. Di Micia non si hanno più notizie. Ma noi sappiamo che essa è diventata un triciclo e vive pacificamente a Busto Garolfo, vicino a Busto Arsizio.

 



Date: 2015-12-11; view: 1430


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