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Venezia da salvare Ovvero Diventare pesci è facile

 

scena prima

 

— Ciò, — dice il sior Tòdaro, agente delle Assicurazioni, alla siora Zanze, moglie del sior Tòdaro, — guarda qua, senti cosa dice il giornale: “Secondo il professor So Hio So Hio, dell'Università di Tokyo, nel 1990 Venezia sarà completamente sott'acqua. Emergerà dalla Laguna solo la punta del campanile di San Marco”. Al 1990 manca poco. Sarà ora di correre ai ripari.

— E dove ti vuol riparare, benedeto? Andremo a stare da mia sorella a Cavarzere.

— Niente affatto, — ribatte il sior Tòdaro. — È meglio che diventiamo pesci, così ci abituiamo a vivere sott'acqua. E risparmiamo anche la spesa delle scarpe. Suona subito l'adunata.

La siora Zanze suona la tromba. Arrivano di corsa i tre figlioletti, Bepi, Nane e Nina, che stavano a giocare in Campo San Polo. Arriva anche la nipote Rina, figlia della sorella di Cavarzere, che stava sul portone a cercare un fidanzato.

— Così e così, — annuncia il sior Tòdaro, — ci trasformeremo in pesci e affronteremo vittoriosamente la catastrofe ecologica.

— A me il pesce non piace, — proclama il figlio Bepi. — Mi piace di più la trippa.

— Ciò, — dice il sior Tòdaro, — chi di trippa ferisce, di trippa perisce.

E gli ammolla una sberla.

— Ma allora, — inorridisce Bepi, — sei un padre autoritario!

— Pesci, va bene, — dice il figlio Nane, — ma di che specie?

— Io voglio diventare una balena, — annuncia la figlia Nina.

— Quattro meno, — conclude il sior Tòdaro. — Non lo sai che la balena non è un pesce? Ma non perdiamoci in oziose polemiche classificatorie.

— Che cosa vuol dire? — domanda la siora Zanze.

— Vuol dire: mettiamoci al lavoro; chi ben comincia è a metà dell'opera, chi ha tempo non aspetti tempo e chi vivrà vedrà. Andiamo.

La siora Zanze: — Ma dove, benedeto? È notte fonda; tutte le belle a famiglie veneziane se ne stanno al sicuro nel tepore del domestico nido, mentre la mamma, che è l'angelo del focolare, accende il televisore. — Ciò, — taglia corto il sior Tòdaro, — è proprio l'ora giusta. Presto, in fila, allineati e coperti, pancia in dentro, petto in fuori, avanti, marsch. Un momento che prendo il cappello.

Vanno in riva al rio, entrano in acqua e si danno da fare per diventare pesci.


 

 

 

 


— Prima le pinne, mi raccomando, — insegna il sior Tòdaro. — Bisogna farsene crescere una sul braccio destro e una sul braccio sinistro.

— Le scaglie, — domanda la nipote Rina, — di che colore me le faccio? Forse viola, dato che sono bionda.

La siora Zanze vorrebbe una coda rossa, ma intanto le viene in mente un pensiero: — Ciò, Tòdaro, come faranno domani mattina i bambini ad andare a scuola?

— Non ti distrarre, Zanze, concentrati.

Ma i bambini hanno sentito. La prospettiva dell'imprevista vacanza s'illumina davanti a loro come il Canalazzo la sera della regata storica. Essi raddoppiano gli sforzi e in pochi istanti ottengono magnifiche pinne laterali che spuntano sforacchiando le magliette.



— Ciò, le magliette nuove! — strilla lamentosamente la siora Zanze.

— Bravi, bravi! — approva invece il sior Tòdaro.

Anche lui, del resto, è entrato in acqua con la giacca e le pinne gli bucano le maniche.

— Non diventeremo mica pesci piccoli, che poi i pesci grandi ci mangiano? — domanda la figlia Nina a Rina.

— Al contrario, saremo i pesci più grossi della Laguna e mangeremo tutti gli altri.

— Io preferisco la trippa, — ribadisce il figlio Bepi, guizzando ad ogni buon conto lontano dal padre per non prendere un'altra sberla.

 

scena seconda

 

Mattinata nebbiosa sul Canal Grande. Vaporetti che vanno, vaporetti che vengono. Gondole e motoscafi in ordine sparso. Paròn Rocco, al comando di un barcone da carico, carico di mostarda, mentre guarda in acqua, vede un grosso pesce che si leva educatamente il cappello e gli rivolge la parola:

— Allora, la fa o non la fa questa assicurazione? Guardi che nebbia. Se le succede un incidente, ci lascia i quattrini e la mostarda. Pensi ai suoi bambini, ciò!

— Sior Tòdaro... Ma è proprio lei? Poareto, se lo trovano i vigili urbani! Lo sa bene che è proibito fare il bagno in Canalazzo.

— Io non sono un bagnante, sono un assicuratore.

Dai vaporetti, dalle gondole, dai motoscafi le facce si voltano tutte da questa parte per vedere il pesce parlante. Solo un turista inglese si volta dall'altra parte, disgustato, borbottando: — Dio mio, cosa mi tocca vedere: su un vestito grigio... un cappello marrone. Roba dell'altro mondo.

 

scena terza

 

Dal ponte dell'Accademia il giovane Sebastiano Morosini, di Padova, studente in Belle Arti, erede di una villa affrescata dal Tiepolo e di quattro fattorie in cui si producono Recioto e Amarene, osserva tristemente la scia di un barcone da carico, carico di marmellata di mirtilli. Egli è innamorato della contessa Novella, ma la contessa gli ha preferito un dottore in economia e commercio di Cosenza, con il quale è partita per l'Egitto; passeranno il Natale in cima alle piramidi. Il giovane Sebastiano medita se gli convenga suicidarsi subito, buttandosi dal ponte, o fare prima una crociera alle isole Galapagos per vedere, almeno una volta, gli iguana allo stato brado.

A un tratto — sogno o son desto? — egli vede guizzare elegantemente nell'acqua la Rina di Cavarzere, figlia della sorella della moglie del sior Tòdaro, più bella che mai nelle sue scaglie viola che fanno delizioso contrasto con i capelli biondi. Impallidisce, al confronto, il ricordo della contessa Novella, che ha i capelli ossigenati e il naso, per la verità, un po' troppo lungo.

— Signorina, — grida il giovane Sebastiano, in preda all'ispirazione, — mi permette di accompagnarla?

La Rina nota che il giovane ha gli occhi azzurri e intuisce che egli è l'erede di una villa affrescata dal Tiepolo. Gli sorride, per fargli capire che la sua compagnia sarebbe apprezzata come merita. Il giovane Sebastiano, senza esitare, si tuffa in acqua, diventa un pesce e passeggia con la bella Rina su e giù per i canali, descrivendole una per una le sue quattro fattorie. Le racconta la storia dei suoi infelici amori con la contessa Novella; le illustra alcuni suoi progetti per l'avvenire, come, per esempio: dipingere le acque della Laguna, di bianco il lunedì, di giallo il martedì, di rosso il mercoledì, eccetera; riunire l'Italia, l'Austria e la Jugoslavia in un solo Stato, con capitale Venezia; scrivere un romanzo di mille pagine fatto tutto e solamente di punti e di virgole, senza nemmeno una parola, eccetera.

La bella Rina ascolta ed è felice.

 

nuovi sviluppi

 

La siora Zanze porta Bepi, Nane e Nina a nuotare dalle parti di Cannaregio. Molti ragazzi del popolare sestiere, in uno slancio di sana emulazione, si gettano in acqua e si fanno insegnare dai figli del sior Tòdaro come si fa a trasformarsi in pesci. Quei pochi che non ci riescono tornano a riva e vanno a casa a cambiarsi i pantaloni. Gli altri esultano, agitando le nuovissime pinne.

Purtroppo li vede dal suo terrazzino una vecchia maestra in pensione. Invece di pensare ai fatti suoi, l'invadente signora, vedova di un forte giocatore di bocce, pensa: “È peccato che tanti ragazzini, diventando pesci, debbano rinunciare alla scuola. Ai libri di lettura, che amano. Al sussidiario di storia, geografia e scienze, che adorano. A quei bei dettati, temi e problemi di cui vanno pazzi”.

Più ci pensa e più si monta, come succede. Alla fine indossa la sua vecchia, cara uniforme da maestra, bacia la fotografia del defunto campione di bocce, si cala in rio e diventa un pesce-maestra.

— Bambini! Tutti qui! — ordina, battendo le pinne.

Quelli, in quanto pesci, vorrebbero immediatamente nuotare al largo, verso Murano, verso Burano e anche più in là di Torcello; in quanto bambini, però, sono condizionati alla voce della maestra e obbediscono senza fiatare. Cominciano subito a darsi spintoni, a farsi la spia, a mostrarsi la lingua e ad esercitarsi sul sistema metrico decimale.

I più delusi sono Bepi, Nane e Nina, che dalla loro nuova condizione si attendevano una vacanza perpetua. La siora Zanze, invece, è contenta perché, mentre la maestra intrattiene i bambini, essa può chiacchierare con le comari sedute a sgranare i piselli in riva all'acqua. La sua coda rossa desta molto interesse.

Altri notevoli avvenimenti si verificano in altri sestieri della città. Il sior Tòdaro, sfruttando la curiosità del popolino nei suoi confronti, riesce a concludere numerosi contratti di assicurazione sulla vita, contro gli incendi, contro gli avvelenamenti da pesce guasto, eccetera. Ma da nell'occhio un tantino. La voce che un grosso pesce si aggira per i canali, levandosi ogni tanto il cappello, richiama ogni sorta di sfaccendati, tra i quali il padron di casa del sior Tòdaro.

“Ciò, — egli pensa nella sua mente venale, — ecco dunque il sistema che hai studiato per non pagarmi l'affitto. Ingegnoso. Ma non mi freghi”.

Si tuffa, diventa un pesce e insegue il sior Tòdaro, gridando: — Allora, queste quarantamila? Eh? Queste quarantamila?

Sentendo parlare di soldi, un venditore di elettrodomestici si ricorda improvvisamente che il sior Tòdaro non ha finito di pagargli le rate del televisore. Giù anche lui dal ponticello.

Presso le Zattere, un prete vede passare la bella Rina e il giovane Sebastiano assorti nella loro conversazione. Uomo perspicace e attivissimo, egli indovina immediatamente che i due fidanzati, essendo diventati pesci, non potranno sposarsi in chiesa. All'istante egli concepisce il progetto di diventare un prete-pesce, per dare assistenza religiosa ai nuovi pesci. Detto e fatto, eccolo che nuota con due pinne a forma di ali d'arcangelo. La Laguna si popola.

 

ultime notizie

 

Il piccolo Bepi non ama il sistema metrico decimale. I millimetri non gli dicono nulla. Gli ettolitri lo lasciano freddino. Gli piace di più la trippa, come già sappiamo. Ecco perché a un certo punto egli decide di allontanarsi dalle acque scolastiche e di ritirarsi sul fondo a meditare in orgogliosa solitudine. E che cosa scopre? Che la Laguna è completamente intasata. Laggiù, dove ci dovrebbero essere molli sabbie e tiepida fanghiglia, cozze e datteri di mare (si fa per dire), ci sono invece montagne di pratiche inevase, chiuse in pesantissimi raccoglitori. Ce ne sono migliaia di metri cubi, quintali di tonnellate, megatoni a non finire.

— Ciò, — dice Bepi, — ecco i danni del sistema metrico decimale. Per forza il livello dell'acqua è tanto pericolosamente salito. Vorrei vedere il loro lavandino, a buttarci tanta cartaccia.

Non è chiaro a chi si riferisca quel “loro”, ma la cosa non ci riguarda. Il figlio Bepi, del resto, è già corso a dare l'allarme. Egli ferma la lancia dei pompieri e informa rapidamente il comandante della sua scoperta: — Così e così; è tutta colpa degli ostacoli burocratici. Se li rimuovete, andrà a posto ogni cosa.

— Ciò! — esclama il comandante. — Ma ce l'hai la patente di pesce?

Naturalmente dice così perché, essendo veneziano, gli va di scherzare. Ma poi non perde mica tempo a domandargli chi è suo padre: mobilita i vigili del fuoco e dell'acqua e comincia subito a dragare i canali per rimuovere i suddetti ostacoli burocratici. Per prendere due piccioni con una fava sola, li fa trasportare ai Murazzi e rinforza le difese a mare. Dopo una decina di viaggi si manifestano i primi benefici effetti dell'operazione. Il livello della Laguna scende, il sottosuolo alleggerito di quei pesi mostruosi s'innalza. Isole e fondamenta, ponti e “sottopòrteghi” si sollevano fino a raggiungere un decente equilibrio con la superficie lagunare. Venezia è salva! Din, don, din, don! (Sono le campane della città che suonano a festa).

Il sior Tòdaro raduna la famiglia, da il cessato allarme e guida i suoi cari fuori dell'acqua: — Non c'è più bisogno, dice, di fare i pesci. Possiamo tornare a fare i veneziani. Bravo Bepi! Questa sera festeggeremo l'avvenimento con una bella frittura di gamberi e calamari.

— No ! — grida il figlio Bepi, fuori di sé. — Voglio la trippa!

Anche la madre e i fratelli gli danno man forte. Anche la bella Rina e il giovane Sebastiano, che domani si sposeranno e partiranno per Mestre in viaggio di nozze.

— Va bene, — dice il sior Tòdaro, — a te la trippa. E allunga il passo, per distanziare i creditori.

 



Date: 2015-12-11; view: 1809


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